Esclusive TC

ESCLUSIVA TC - FRANCESCO CASAGRANDE: "Quando mi chiedono in quale città mi sia trovato meglio da calciatore rispondo sempre: 'A Cagliari: in Sardegna ho fatto quattro anni di vacanza!'. Che ricordi con Piras e con gli altri ragazzi terribili..."

ESCLUSIVA TC - FRANCESCO CASAGRANDE: "Quando mi chiedono in quale città mi sia trovato meglio da calciatore rispondo sempre: 'A Cagliari: in Sardegna ho fatto quattro anni di vacanza!'. Che ricordi con Piras e con gli altri ragazzi terribili..."TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Federico De Luca
martedì 9 luglio 2024, 16:15Primo piano
di Matteo Bordiga

Era uno di quei calciatori che, in campo, non potevi non riconoscere. E, soprattutto, non potevi non amare.

Un po’ soldato e un po’ rockstar, con quei capelloni lunghissimi e gli immancabili baffoni a disegnare un volto da indomito gladiatore del rettangolo verde, Francesco Casagrande era al contempo il cuore pulsante e il motore rombante del Cagliari a cavallo tra la seconda metà degli anni Settanta e l’alba degli anni Ottanta. Centrocampista “centopolmoni” dalle straordinarie doti atletiche e dalla grinta leonina - oggi l’avrebbero scambiato per un uruguaiano incendiato dalla (ormai sdoganatissima) “garra charrùa” - era anche dotato di un piede più che discreto, come certificano i suoi dieci gol in 128 presenze con la maglia rossoblù.

Casagrande serba ancora uno splendido ricordo del Cagliari, di Cagliari e della Sardegna tutta. E, nonostante sia passato così tanto tempo da quando indossava la casacca coi quattro mori, è ancora tifoso appassionato della squadra che rappresenta un’Isola. La sua Isola, “nella quale purtroppo riesco a tornare troppo poco spesso”.

Francesco, quattro anni ruggenti in riva al Poetto tra il 1976 e il 1980. Cosa le viene in mente quando ripensa a quel periodo della sua vita personale e professionale?

“Ogni volta che gli amici mi chiedono in quale squadra e città, nel corso della mia carriera, io mi sia trovato meglio rispondo: ‘A Cagliari: in Sardegna ho fatto quattro anni di vacanza!’. Sono stato meravigliosamente bene da tutti i punti di vista: con la società, con i compagni, con i tifosi, con la gente in generale. In più ero all’inizio della mia carriera: il Cagliari mi ha proiettato nel firmamento della serie A. E ho avuto la fortuna di conoscere il grande Gigi Riva: una persona unica, con la quale ho passato parecchio tempo in quegli anni.”

Qual è stata la sua stagione migliore in Sardegna? Lei ha vissuto gli sfortunati spareggi-promozione che vi hanno visto soccombere con Toneatto in panchina, ma anche la marcia trionfale dalla B alla A del 1979 e la brillante annata 1979-‘80 in massima serie.  

“Nel corso della stagione 1976-’77, appena retrocessi dalla serie A, avevamo la caratteristica peculiare di premere tantissimo, schiacciando gli avversari nella loro metà campo, nei primi 20-30 minuti di gioco. Sbloccavamo presto la partita e poi impostavamo il resto del match sul vantaggio conseguito nelle battute iniziali. Era una prerogativa tipica anche del Torino scudettato di Pulici e Graziani. Mancammo la promozione solo per il famoso ‘giallo dell’arancia’, che ci costò la sconfitta a tavolino nella partita interna contro il Lecce.

L’anno seguente ai nastri di partenza eravamo considerati tra i favoritissimi per la promozione in A, ma probabilmente peccammo un po’ di supponenza. Toneatto, che poi a metà campionato fu sostituito in panchina da Tiddia, si vantò di avere in mano una Ferrari. Probabilmente noi calciatori ci montammo un po’ la testa… Fatto sta che la stagione fu molto deludente. Tradimmo clamorosamente le aspettative. Nel calcio, così come in tutti gli altri aspetti della vita, bisogna essere umili e consapevoli dei propri limiti.

La stagione successiva spiccammo finalmente il volo. Nel giugno del 1979 centrammo l’agognata promozione in serie A, al culmine di un torneo vissuto sempre da protagonisti. Mi vengono ancora i brividi quando ripenso alla folla in delirio che celebrò l’impresa, in un Sant’Elia stracolmo e straripante di sciarpe e di bandiere, dopo la vittoria per 3-0 contro la Sampdoria. Eravamo un’ottima compagine, solida e completa in tutti i reparti. Il centrocampo era molto ben bilanciato, e l’attacco poi - con un Gigi Piras scatenato - era incontenibile.

In serie A ci disimpegnammo tutti molto bene, sorprendendo anche diverse squadre blasonate. Io feci un ottimo campionato, ma in generale la squadra girava a meraviglia. Il nostro era un gruppo di giovani affamati e intraprendenti; inoltre eravamo molto affiatati tra di noi, tanto che ancora oggi quando è possibile ci sentiamo e rivanghiamo i tempi d’oro. Anche se distanti, siamo ancora una famiglia.”

Francesco, le chiedo un parere sul Cagliari attuale che, con Davide Nicola al timone, pian piano sta iniziando a prendere forma. Che campionato si aspetta, anche se la squadra è ancora in costruzione e l’organico a disposizione del tecnico piemontese è ben lungi dall’essere quello definitivo?

“Secondo me tu puoi cambiare mille allenatori, ma alla lunga resta determinante il valore dei giocatori. Se hai dei buoni interpreti puoi anche non soffrire e, magari, fare un campionato tranquillo di centroclassifica. Ma tutto deve funzionare alla perfezione: basta che un ingranaggio si inceppi per far saltare tutti gli equilibri. Pensiamo al Sassuolo: una società solida che recentemente non aveva mai avuto problemi in serie A, eppure… Il ruolo della dirigenza, naturalmente, è fondamentale. Soprattutto in questa fase dell’anno, in cui bisogna comporre il parco giocatori. Quando azzecchi gli acquisti e porti a casa bravi calciatori diventa tutto più facile anche per l’allenatore. Che dire? Speriamo in bene: noi ex siamo ancora oggi grandi tifosi del Cagliari. Per cui mi auguro, l’anno prossimo, di non soffrire e tribolare come nell’ultimo campionato. Anche se poi nel recente passato non sono mancate certo le emozioni, con le rimonte e le vittorie in serie ottenute a fil di sirena, ben oltre il novantesimo… È stato un Cagliari da brividi, insomma.”