Deiola a PodCasteddu: "Dissi di no al Cagliari perché non c'era nessuno che conoscevo, io volevo giocare con i miei amici"

Deiola a PodCasteddu: "Dissi di no al Cagliari perché non c'era nessuno che conoscevo, io volevo giocare con i miei amici"
Oggi alle 15:45Primo piano
di Martina Musu

Sardo di nascita, di temperamento e di sostanza, Alessandro Deiola è il protagonista della prima puntata di PodCasteddu, il podcast del Cagliari Calcio. 

Di seguito un estratto della sua lunga intervista. 

Alessandro chi è?

"Alessandro fuori dal campo innanzitutto è un padre di famiglia. La maggior parte del tempo che passo fuori dal campo è dedicato a mie figlie, a mia moglie, a passare tempo con loro, perché comunque sai, quando poi crescono magari ci passerai un po' meno tempo, che poi vanno fuori, vanno via di casa, i fidanzatini, tutte queste cose. Lo garantisco, ci sto passando. Cerco di godermi il tempo con loro il più possibile, quindi la maggior parte del tempo che passo è con loro e cercare di dare a loro anche un'educazione alla vita un po' più semplice, in base anche a quello che ho vissuto, alle difficoltà che ho vissuto, perché comunque è importante prepararle da quando sono piccole a quello che magari possono andare incontro"

Momento attuale e rinnovo

"Quando ho iniziato a giocare a pallone avrò avuto quattro anni. Ho iniziato a Sangavino ed è una passione che mi sono sempre portato dietro. Qualsiasi momento era buono per giocare a pallone.Tornavi da scuola o dall'asilo e giocavi in giardino, giocavi in strada quando ancora si giocava in strada. Perché adesso purtroppo la strada che ha formato  tanti giocatori purtroppo non si usa più, è un metodo un po' passato. Quindi con gli amici sempre lì a giocare e si era formato questo gruppo di compagni, di amici, di squadra dove andavamo tutti nella stessa classe all'asilo, a scuola ed eravamo una squadra molto forte, molto forte, tant'è che abbiamo vinto anche diversi tornei qua a Cagliari, nel campionato comunque di provincia eravamo sempre sempre avvantaggiati. Quindi il mio allenatore decide di portarmi a fare il provino, al tempo giocavo alla Sangavinese, vado a fare il provino, al tempo si facevano tre provini, ogni volta selezionavano meno bambini, quindi c'era l'imbuto praticamente. Arrivavi alla fine che magari da 300 bambini ne selezionavano 30, quindi era molto difficile. Bambini di tutta la Sardegna a 7-8 anni. Poi già immagino mandassero già i più forti. Esatto, c'erano già magari quelli già selezionati, già visti e rivisti che magari mettevano dentro al provino, quindi morale della (5:52) favola, io passo questi tre provini. Ruolo? Ruolo? Facevo il difensore, facevo il difensore, facevo il centrocampista, facevo l'attaccante.Quando hai bambini è giusto non dare ruoli, ma secondo me è meglio dare libertà ai bambini di esprimersi. Far provare più cose, vedere un po' anche le attitudini. Esatto, è meglio lasciarli liberi di esprimersi e far vedere quello che realmente possono fare e divertirsi, perché a quell'età comunque la cosa principale è che i bambini divertano. Quindi mi selezionano e io ci penso e decido di non andare. Perché? Decido di non andare perché appunto non c'era nessuno che io conoscevo. Quindi ho detto no, io preferisco continuare a giocare con i miei amici. Un altro anno comunque torniamo a giocare. Tra l'altro il mio allenatore si è dimenato, è diventato una bestia come quando ha saputo che ho detto di no.  Quindi faccio un altro anno, l'anno dopo ci sono di nuovo i provini e io pensavo che mi portasse. Invece vedo che porta tutta la squadra da me. La punizione. Praticamente una punizione. Quindi io disperato, perché comunque vanno tutti i miei amici, a me mi hanno preso l'anno scorso e non possono andare. Quindi avevamo dei contatti con quelli che avevano fatto i provini l'anno prima e li abbiamo chiamati e mi hanno detto sì sì portalo portalo. Quindi vado, arrivo lì e c'erano tutti e mi chiedono chi ci fai tu qui? Io sono venuto a fare il provino, a sorpresa. Alla fine avevano preso a me e il portiere della mia squadra"

17 18 anni, il calcio dei più grandi

"È stato un impatto molto molto grande, molto difficile, perché comunque esci dalla tua zona comfort diciamo dove sei qua, hai la tua famiglia, hai l'appoggio di tutti e ritrovarti a 17 18 anni ad andare come sono andato io in Toscana a giocare. Il primo anno professionista è stato molto molto difficile perché devi imparare a  gestirti da solo, a vivere da solo, a superare i problemi da solo in un campionato che ti posso garantire ha tante difficoltà, magari molti lo sottovalutano, però è sempre un calcio professionistico quindi diventa molto difficile, ci sono dei giocatori che hanno fatto la Serie A, ci sono dei giocatori esperti, esperti della categoria, quindi diventa molto molto complicato. Però diciamo che sono stato abbastanza testardo e mi adatto facilmente quindi sono  riuscito a fare una buona stagione che mi porto dentro perché quella è stata comunque forse l'esperienza più importante della mia carriera. Io penso che senza quell'esperienza non sarei arrivato dove sono adesso perché veramente è stata fondamentale sia dal punto di vista calcistico ma soprattutto dal punto di vista umano per me, mi ha fatto crescere come come ragazzo, mi ha fatto crescere, mi ha fatto diventare uomo, certo, perché ho dovuto superare tutte le  difficoltà da solo quindi è stata un'esperienza che io mi porto dentro veramente importante"