UN MIRTO CON... ANTONIO RAVOT
Era un centrocampista offensivo con buon fiuto del gol e dotato di una discreta tecnica di base. Antonio Ravot, al Cagliari tra gli anni Settanta e Ottanta, è nato a Roma da padre iglesiente, per cui il suo cuore batte forte per i colori rossoblù.
A un mese dal termine della stagione Ravot tesse le lodi di Claudio Ranieri, a suo parere il principale artefice della brillante risalita in classifica di Dossena e compagni.
Antonio, chi avrebbe osato immaginare che il Cagliari avrebbe strappato ben 5 punti ad Atalanta, Inter e Juventus?
“Prima di questo miniciclo di partite tutti davano i rossoblù per spacciati. Ma con Ranieri in panchina non sei mai spacciato in partenza: lui è una persona esperta ed estremamente preparata. Si diceva che dovesse andarsene, che sarebbe stato meglio esonerarlo… In realtà di tecnici di questo spessore in giro ce ne sono pochi, e bisogna tenerseli stretti. Diciamo la verità: i 5 punti ottenuti contro Atalanta, Inter e Juve sarebbero tranquillamente potuti essere 9. Coi bianconeri si vinceva 2-0, mentre con l’Inter Viola ha fallito il match point proprio al 95’. Per carità, va bene lo stesso. Ora il Cagliari ha tutto per salvarsi serenamente: a Genova contro il Grifone se la giocherà alla pari, poi all’Unipol Domus arriverà il Lecce. Con altri 4-5 punti i ragazzi di Ranieri condurranno finalmente la nave in porto.”
In vista della prossima stagione - ci auguriamo tutti in serie A - lei confermerebbe il tecnico di Testaccio al timone della squadra o punterebbe all’apertura di un nuovo ciclo?
“Io a Ranieri gli darei una medaglia, per quello che ha fatto in passato e anche per gli ultimi due anni. Credo senz’altro che si sia meritato la riconferma: io gli prolungherei il contratto e farei costruire a lui le basi del Cagliari del futuro. Poi dopo due o tre anni ingaggerei un nuovo allenatore, che così si ritroverebbe la strada spianata.”
Antonio, nel girone di ritorno il Cagliari ha svoltato anche sul piano del gioco: è più “cattivo” e determinato, ma soprattutto pratica un calcio più piacevole e più propositivo.
“Questo è vero. Ma va ricordato che in un certo momento della stagione la squadra si è ritrovata praticamente senza attaccanti, con l’indisponibilità di Lapadula e con un Luvumbo promettente ma ancora bisognoso di accumulare esperienza. Petagna poi è un centravanti d’appoggio, un punto di riferimento avanzato, ma non è mai stato un bomber capace di segnare 12 o 13 gol a stagione. E questo, quando si è deciso di acquistarlo, lo si sapeva.
Comunque Ranieri ha cambiato totalmente mentalità a questo Cagliari: ora non abbiamo paura di giocare e di attaccare sempre, e aggrediamo l’avversario.”
E forse proprio questo era ciò che mancava nella prima parte del campionato: l’autoconsapevolezza, la fiducia in sé stessi e nei propri mezzi.
“Nel girone d’andata giocavamo un po’ impauriti e col freno a mano tirato, soprattutto per via dell’inesperienza di molti elementi della rosa che, diciamocela tutta, la serie A la conoscevano ben poco. Ranieri è stato bravissimo a non accantonare nessuno, a tenere tutti ‘in casa’ con sé. Esattamente come un bravo padre di famiglia che cura tutti i propri figli: alla fine ciascuno di loro contribuirà al benessere familiare, il che è poi quello che stanno facendo i giocatori del Cagliari. Ognuno, con le proprie peculiarità e caratteristiche, sta mettendo il suo mattoncino e aiutando il team nella costruzione del castello della salvezza.”