Unione Sarda - La scatola magica di Cossu
Nella scalata di Acquafresca prima e Matri poi c'è il suo zampino, così come le fortune (rossoblù e azzurre) di Esposito e Langella sono passate per i piedi di Zola. «Non scherziamo, Gianfranco era un giocatore straordinario che ha vinto tanto, io mi limito a dare il massimo per questa maglia».
Niente paragoni, grazie. Ancora oggi Andrea Cossu, trent'anni e già un pezzo di storia rossoblù nelle gambe, continua a mantenere un profilo basso, e forse il segreto del successo è anche questo spirito di umiltà che lo rende così normale, e poi così speciale. Perché in fondo lui è il campione della porta accanto, occhi azzurri e barba incolta, la piccola Rebecca tra le braccia, la moglie Carlotta da sempre al suo fianco, il sorriso timido. Innamorato pazzo del Cagliari. «È qualcosa che ho dentro sin da piccolo». E dopo aver giocato per una vita la partita del cuore in Curva Nord, ora ha il 7 sulle spalle e porta avanti la missione in campo. Semplicemente. Eppure i numeri sono gli stessi, il ruolo è lo stesso, le giocate sono le stesse, persino l'altruismo è lo stesso del mago di Oliena. In serie A quest'anno nessuno ha fatto più assist del trequartista cagliaritano, giunto a quota 12 davanti a Ibrahimovic (11) e Lavezzi (10). «Cercare l'ultimo passaggio fa parte delle mie caratteristiche ed è bello mandare un compagno in rete». Decisivo. E ogni volta che stoppa la palla al volo e la tiene sospesa per una manciata di sospiri, come se avesse una calamita nella scarpa, c'è qualcosa di magico nell'aria.
Cagliari, la storia è adesso. E di questa squadra Andrea Cossu è diventato addirittura un leader. «Sentire Ragatzu indicarmi come riferimento è un onore, anche perché Daniele sarà il nostro futuro». Fosse per lui, il Cagliari dovrebbe essere un punto di arrivo e non di passaggio per tutti i giocatori. «L'attaccamento alla maglia è fondamentale», sottolinea. Ecco perché quando il Cagliari perde, Andrea Cossu perde due volte. «Ma ogni volta che scendo in campo mi sento felice», ammette. Quanta fatica, però, arrivare sin qui. Costretto a emigrare a Verona, undici anni tra giovanili e prima squadra. «E la lontananza forse ha rafforzato questa mia passione per il Cagliari». Ma la prima volta in rossoblù non è andata come sperava. «Avevo poco spazio, magari la colpa è stata anche un po' mia, forse ero troppo tifoso, ero abituato a vivere il Sant'Elia dall'alto e in campo mi sono trovato quasi spaesato». Tutta un'altra storia due anni dopo.
Gennaio 2009, e chi se lo scorda più. «Una domenica giocavo con il Verona ultimo in classifica in C1 in casa della Pro Sesto, due settimane dopo ero il trequartista del Cagliari a Torino contro la Juventus». A cucirgli quell'abito addosso è stato Ballardini. Da allora è cambiata la storia rossoblù, ma anche quella di Andrea Cossu, primo cagliaritano a vestire la maglia azzurra e giunto a un passo dai Mondiali in Sudafrica. «La mia Nazionale è il Cagliari», taglia corto, e in questo momento il suo unico obiettivo è rossoblù: «Cercare di portare il più in alto possibile la mia squadra». Il nuovo ct Prandelli lo ignora, eppure oggi in azzurro non c'è un trequartista del suo livello. Cossu stesso (che definisce l'interista Sneijder il più completo tra le linee) fatica a scegliere il miglior italiano nel suo ruolo.
Cagliari nel cuore. E se potesse, Cossu metterebbe le facce di ex rossoblù al posto dei quattro mori che sventolano sulla Sardegna. I nomi? «Innanzitutto Gigi Riva». A seguire: «Lopez. Conti. Poi sul quarto c'è una bella lotta, ma penso di non sbagliare dicendo Matteoli». Cossu si accontenta (per ora) di tenere alta la bandiera. Figlio di Sardegna, ma soprattutto cagliaritano, e non perde occasione per evidenziarlo. «Ma pensate che soddisfazione sarebbe stata tornare da Bologna con una vittoria ottenuta grazie ai gol di due cagliaritani», il suo appunto e quello di Ragatzu. Sguardo combattuto, c'è un pizzico di rimpianto, ma l'orgoglio rossoblù è più forte anche della delusione. «Non sono stati due punti persi, semmai uno guadagnato», sottolinea con forza. «Per come si era messa la partita visto che abbiamo ribaltato il risultato e per il valore dell'avversario». Soddisfatto per il gol? «Quando ho segnato ho subito pensato che a Cagliari stava nevicando». Stoccata.
Cagliari, è qui la grande sfida. Cossu sulla scia di tutti i suoi compagni e dell'allenatore Donadoni: niente proclami, in questo momento non ha senso parlare di Europa League o addirittura di Champions. Ma una promessa, sì, la fa, eccome: «Giocheremo tutte le partite che restano come se fossero delle finali cercando di conquistare più punti possibili. Poi faremo i conti».