ESCLUSIVA TC - ROBERTO SORRENTINO: "A Cagliari ho vissuto anni splendidi ma difficili sotto il profilo societario. Che ricordi con Gustavo Giagnoni, col mio amico Roberto Dore e con Sergio Bertola, che in venti giorni mi rimise in sesto..."

Era uno spettacolo vederlo volare da un palo all’altro della porta, spazzando via dal sette tiri che sembravano imparabili.
Abilissimo dal punto di vista tecnico, esplosivo e reattivo sia sui palloni alti che su quelli rasoterra e puntuale nelle uscite, Roberto Sorrentino è stato uno dei portieri rossoblù più apprezzati – e, per certi versi, meno fortunati – degli ultimi cinquant’anni. Ha infatti vestito la maglia del Cagliari in un periodo molto difficile a livello societario: le peripezie economiche e burocratiche di quegli anni bui impedivano alla squadra di concentrarsi unicamente sul campo e di lottare per obiettivi importanti.
Nonostante le parate di Sorrentino, le cui prestazioni individuali si sono sempre mantenute su standard decisamente alti, nel 1987 è arrivata addirittura la retrocessione in serie C (anche se accompagnata dalla sorprendente semifinale di Coppa Italia contro il Napoli maradoniano, dopo aver ottenuto gli scalpi di Torino e Juventus).
Ad ogni modo, come lo stesso Roberto ripete dopo tanti anni, “nel bene o nel male io credo di aver sempre fatto il mio”. E come dargli torto? Non a caso i tifosi cagliaritani lo ricordano ancora con stima e affetto. Sentimenti, peraltro, ampiamente corrisposti: “Seguo sempre il Cagliari, che oggi con Ranieri ha finalmente intrapreso la strada giusta”.
Roberto, ripercorriamo i suoi quattro anni in Sardegna: dal 1984 al 1988. Cosa le viene in mente ripensando a quel periodo?
“Sono capitato in Sardegna in un periodo in cui ho trovato una società quasi allo sbando. Conosciamo bene le traversie che in quegli anni viveva il Cagliari Calcio. In effetti per quanto riguarda le mie prestazioni personali devo dire - senza voler passare per presuntuoso - che anche in stagioni assai tormentate il mio, nel bene o nel male, l’ho sempre fatto.
A livello di squadra sono stati quattro anni di sofferenza, ma ai momenti brutti hanno fatto da contraltare molti momenti belli e da ricordare. Tutt’oggi quando torno a Cagliari vengono accolto con grande affetto, e sapere che i tifosi mi ritengono uno dei migliori portieri che abbiano vestito la maglia rossoblù mi gratifica non poco.”
Dal punto di vista ambientale come si è trovato nell’Isola?
“Sono stato benissimo. Così come a Catania, dove ho goduto e godo tuttora della stima della tifoseria etnea, e a Bologna. Tutte piazze in cui mi sono trovato perfettamente a mio agio. Un po’ per il mio carattere, un po’ per la mia dedizione professionale e un po’ per le prestazioni fornite sono stati tutti ‘matrimoni’ felici. Ora alleno da tanti anni, in Italia fino alla serie C1. Insomma, per essere stato un portiere che non ha mai avuto l’occasione di fare il salto di qualità, andando a giocare in una grande squadra, posso dire che le mie soddisfazioni me le sono tolte.”
A proposito di allenatori, quale tecnico tra quelli che si sono avvicendati durante la sua avventura a Cagliari ricorda con particolare affetto?
“Al mio arrivo in Sardegna ho trovato Ulivieri. Ma ricordo in particolar modo il mitico Gustavo Giagnoni: quando lui sedeva sulla panchina del Cagliari la situazione a livello societario era già tragica, per usare un eufemismo… E ricordo che, viste le problematiche che stavamo incontrando dal punto di vista sportivo, Gustavo cercava di dare spazio anche a giocatori che a inizio stagione non erano considerati come titolari. Nel ruolo del portiere, ad esempio, ha alternato me e il compianto Roberto Dore, mio carissimo amico col quale avevo un rapporto davvero speciale, aldilà della presunta ‘rivalità’ tra compagni di squadra su chi dovesse essere la prima scelta del tecnico.
Una persona a cui devo molto è il preparatore dei portieri Sergio Bertola, grandissimo amico mio: se dopo Cagliari sono sbarcato a Bologna, fornendo anche in terra emiliana delle prestazioni tutto sommato positive, è stato in gran parte merito suo. In quel periodo infatti ero fuori condizione e mi ero praticamente ritirato, ma Sergio in appena venti giorni mi ha rimesso in sesto con una preparazione mirata che definire ottima sarebbe perfino riduttivo.”
Roberto, lei segue ancora il Cagliari? Che ne pensa della squadra che sta venendo su, ora che siamo ormai alla vigilia del campionato di serie A?
“Certo che lo seguo, come faccio con tutte le squadre in cui ho militato da giocatore. Aldilà dell’acclarata affidabilità e solidità della società sarda, credo che la svolta sia coincisa con l’ingaggio di Claudio Ranieri. Liverani aveva iniziato bene, poi c’è stato un calo e l’arrivo di Ranieri ha portato una ventata di freschezza e di novità. Claudio è un allenatore importante, capace di dare le giuste motivazioni alla squadra. Ma è anche, anzi soprattutto, un grande insegnante di calcio. Lo dimostra la galoppata che ha compiuto la squadra da metà classifica fino alla promozione in serie A e, nel suo piccolo, anche la gara di Coppa Italia col Palermo, nella quale il Cagliari non ha mollato mai, tanto nei tempi regolamentari quanto nei supplementari.
La vera garanzia della compagine isolana, dunque, è proprio l’allenatore. Colgo l’occasione per salutarlo con affetto e per mandare un grande e sincero abbraccio a tutti i tifosi del Cagliari.”