ESCLUSIVA TC - MARIO BERETTA: "A Cagliari abbiamo fatto un gran lavoro nella valorizzazione dei giovani. Ieri col Parma gara vinta col carattere e col cuore"

Per tre anni ha plasmato i giovani virgulti rossoblù, artigiano e fabbro dei calciatori del domani in vista di un’auspicabile carriera professionistica. E il suo lavoro ha dato frutti importanti: nuove leve sono venute su dal vivaio e oggi bazzicano i campi di serie A, B e C, forti degli insegnamenti di un forgiatore di talenti ma anche di un tecnico esperto e navigato, che ha attraversato tempeste e peripezie di ogni genere e che è abituato a far attraccare la nave in un porto sicuro.
Mario Beretta, un passato da allenatore in piazze come Siena, Lecce, Parma, Chievo Verona e Torino, a Cagliari ha lasciato un ottimo ricordo e lanciato tanti calciatori in erba promettenti ma ancora da formare, sia tecnicamente che caratterialmente. Oggi ricorda la sua esperienza in Sardegna con piacere e con soddisfazione, sia per i risultati raggiunti che per la sintonia fin da subito trovata con l’ambiente e con le persone.
Mario, ci racconti i suoi tre anni alla guida del settore giovanile rossoblù.
“Sono arrivato nel 2015 e ho vissuto un periodo molto positivo sia dal punto di vista professionale che da quello ambientale. Impossibile non trovarsi bene con i sardi: fanno di tutto per metterti a tuo agio e per consentirti di lavorare nel migliore dei modi. Senza contare le bellezze naturalistiche, paesaggistiche e artistiche della città e dell’intera Isola, e il clima meraviglioso che si vive tutto l’anno. Insomma, non c’è stato un aspetto della mia permanenza a Cagliari che non sia andato per il meglio.
A livello professionale è stata una bellissima esperienza. Tutti abbiamo svolto un grande lavoro: dagli allenatori ai magazzinieri ai dirigenti accompagnatori. Non a caso poi per me è arrivata la chiamata dal Milan, che aveva apprezzato la nostra gestione del settore giovanile in Sardegna.
Nella costruzione dei calciatori del domani occorre avere pazienza, perché si tratta di un lavoro a lunga scadenza. I risultati che si ottengono sul campo sono importanti, certo, ma più che altro nell’ottica della formazione del ragazzo in funzione di una futura carriera professionistica. Ecco che cosa mi premeva di più: condurre per mano i giovani fino a farli approdare in squadre di serie A, B o C, oltre che naturalmente forgiarli sotto il profilo caratteriale e umano.
Penso a Carboni, che ha giocato e gioca tuttora ad altissimi livelli. Cancellieri, che adesso gioca nel Perugia, e Acella, che ha debuttato in serie A nella Cremonese, li ho tirati su io. Poi ci sono gli altri che sono ancora lì, come ad esempio Ciocci, che è andato a Olbia a farsi le ossa.”
Da allenatore esperto, e da ex collaboratore della società, che ne pensa del Cagliari attuale? Come inquadrerebbe una stagione sicuramente a due facce, ma che adesso è sfociata nell’appendice dei playoff e dunque nella possibilità concreta di tornare in serie A?
“Ora la squadra può ambire a risalire tramite i playoff. Certo è che qualcosa in più avrebbe potuto fare nel corso della stagione regolare, per scalare posizioni in classifica e magari guadagnare l’accesso diretto alla serie A.
Detto questo, ieri ho visto la partita contro il Parma. Seguo sempre il Cagliari: ormai mi sono affezionato. Oggi è una squadra completa in tutti i reparti. In passato, sotto la guida di Liverani, ha attraversato un periodo difficile, ma a mio avviso era fisiologico che accadesse. Quando si retrocede è sempre difficile assorbire i postumi e le scorie di un risultato così negativo. I primi mesi dopo la discesa nella categoria inferiore sono i più complicati: c’è da smaltire l’amarezza e la delusione di tutto l’ambiente. Del resto anche Genoa e Venezia, le altre due retrocesse dalla serie A, all’inizio hanno faticato a carburare. E anche loro hanno cambiato allenatore.”
Quindi a suo giudizio Liverani ha pagato una situazione difficile sul piano psicologico più che problemi o incomprensioni di carattere tecnico-tattico?
“Sicuramente. In più nel caso del Cagliari la retrocessione era arrivata in modo particolarmente rocambolesco e traumatico, quindi scrollarsi dalle spalle gli strascichi di un tale shock era molto complicato. Poi per quanto riguarda l’aspetto tecnico Liverani aveva già dimostrato, nel corso della sua carriera, di avere buone idee e di poter condurre le sue squadre a disputare campionati di qualità. Veniva da esperienze importanti, come ad esempio quella vissuta a Lecce.”
Come leggere la partita folle di ieri sera? La sensazione è che il Parma si sia fatto preferire, soprattutto nel primo tempo, sotto l’aspetto del gioco corale e del collettivo, mentre il Cagliari abbia prevalso nella ripresa sul piano nervoso e temperamentale, “sporcando” la gara e centrando una rimonta clamorosa più con l’orgoglio che con la brillantezza del gioco.
“La reazione del Cagliari è stata straordinaria: andare sotto 2-0 in casa nel primo tempo in una semifinale playoff non era un colpo facile da assorbire. Ma i rossoblù sono riusciti a ribaltare tutto, e adesso andranno a Parma con due risultati su tre a disposizione. Gli emiliani nella prima frazione hanno fatto benissimo e meritato il doppio vantaggio, però troppo spesso – nell’analisi delle partite – ci si sofferma sull’aspetto tecnico-tattico e dell’organizzazione del gioco. In realtà il calcio è fatto anche di tanti altri fattori: essere squadra dal punto di vista della determinazione, della grinta, della voglia feroce di ribaltare un risultato è importante tanto quanto la componente squisitamente tecnica. A volte arrivi al risultato con la tattica e con le qualità tecniche, a volte ci arrivi col carattere e col cuore. Le gare cambiano continuamente in corso d’opera, quindi bisogna essere capaci di leggerle e di interpretarle a seconda dei vari momenti.”