ESCLUSIVA TC - DELIO ROSSI: "La sfida di sabato dipenderà dalla Lazio, che è superiore al Cagliari. Ma i biancocelesti giocano senza entusiasmo. I sardi hanno dei limiti: fossi in Ranieri, punterei su uno zoccolo duro di titolari fino alla fine"

ESCLUSIVA TC - DELIO ROSSI: "La sfida di sabato dipenderà dalla Lazio, che è superiore al Cagliari. Ma i biancocelesti giocano senza entusiasmo. I sardi hanno dei limiti: fossi in Ranieri, punterei su uno zoccolo duro di titolari fino alla fine"TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
mercoledì 7 febbraio 2024, 15:42Primo piano
di Matteo Bordiga

Mai banale nelle sue riflessioni, sempre stimolante e, a volte, divisivo quando parla di calcio e di tattica.

Delio Rossi, ex tecnico tra le (tante) altre della Lazio, alfiere del 4-3-3 di stampo zemaniano, allenatore sanguigno e passionale votato al gioco offensivo e portatore di una mentalità sempre, rigorosamente propositiva, presenta la sfida di sabato tra il Cagliari di Claudio Ranieri e i biancocelesti di Maurizio Sarri. Un crocevia delicatissimo per entrambe le compagini, chiamate a liberarsi dalle proprie paure e dai propri demoni per dare un imprinting diverso – a tinte più chiare – a un finale di stagione che ne determinerà le sorti anche in prospettiva futura. In ballo ci sono le ambizioni europee dei capitolini e il mantenimento della categoria per i sardi: due mattoni fondamentali per costruire solide basi su cui fondare credibili programmi di crescita nel lungo periodo.  

Delio, che gara sarà quella di sabato all’Unipol Domus tra Cagliari e Lazio?

“Una gara molto complicata e delicata… paradossalmente più per la Lazio che per il Cagliari. E l’esito della sfida dipenderà più dai biancocelesti che dai rossoblù: le qualità dei romani sono sicuramente superiori a quelle dei sardi, per cui se la Lazio farà la Lazio – che non è la squadra che abbiamo visto nelle ultime uscite – potrà creare grandi problemi agli uomini di Ranieri.

Sicuramente il rischio, per Immobile e compagni, è quello di portarsi appresso gli strascichi della sconfitta di Bergamo, che è stata difficile da digerire non tanto per il risultato, quanto per come è maturata. Quando poi il presidente si sente in diritto di difendere l’allenatore, come ha fatto Lotito, vuol dire che qualche problema di fondo c’è. In questo momento la Lazio gioca senza entusiasmo. Pratica un calcio codificato e riconoscibile, ma senza passione. E se, in queste condizioni, vai a giocare in casa di una compagine con l’acqua alla gola e a rischio retrocessione, puoi incontrare qualche difficoltà.”

Quindi a suo parere i problemi dei capitolini sono più di natura psicologica e caratteriale che di tipo tecnico-tattico?

“Io onestamente non credo tanto ai limiti caratteriali. Uno il carattere o ce l’ha o non ce l’ha: se l’hai messo in mostra certe volte, dovresti essere in grado di sfoderarlo sempre. Se una squadra ha delle tare ce le ha in ogni partita, non a giorni alterni. Penso che sia più che altro una questione di assuefazione: la Lazio si è abituata a una routine costante e immutabile, ad andare al campo a fare sempre lo stesso tipo di allenamento, ad ascoltare sempre gli stessi discorsi in caso di sconfitta da parte del presidente o dell’allenatore… Insomma, si è impantanata in uno status quo cristallizzato e ormai poco stimolante. Questo può capitare quando in panchina ci sono allenatori molto razionali e integralisti, che propugnano un calcio rigidamente codificato. Ogni tanto il giocatore ha bisogno di essere sorpreso da qualche mossa imprevista, da qualche variazione sul tema. Da qualche trovata estemporanea anche sbagliata, magari, ma comunque portatrice di novità. Pertanto credo che alla Lazio ci sia bisogno di un confronto interno tra calciatori e tecnico: la situazione che si è venuta a creare devono risolverla tra di loro.”

Dal suo punto di vista quali sono invece i punti di forza del Cagliari – che oggi, francamente, si fa fatica a intravedere – attraverso cui i rossoblù potrebbero impensierire la Lazio?

“Il Cagliari è una squadra che ha degli evidenti limiti tecnici, soprattutto nel reparto arretrato. Certo, al timone c’è un tecnico molto esperto e, per giunta, abituato a vivere queste situazioni di classifica. Ranieri è un allenatore pragmatico, per cui penso che sappia come metterci una pezza. Detto questo, i limiti tecnici dell’organico rimangono. Io ho la sensazione che il Cagliari non si possa permettere di giocare in un certo modo: penso che debba per forza di cose schierarsi con tre centrali e due esterni. Non ce la fa a interpretare un classico 4-4-2. In più davanti non dispone di attaccanti veloci e adatti al contropiede, ad eccezione forse del solo Luvumbo. Tutti gli altri sono uomini d’area di rigore. Forse giocando con una punta sola e un centrocampista in più la squadra può trovare maggiore equilibrio, ma è anche vero che Ranieri ci ha provato – con Viola – e non ha ottenuto i risultati sperati.

Personalmente, dico che in queste situazioni tu allenatore devi puntare su un gruppo ben definito di giocatori: dodici, tredici elementi, non di più. E giocare sempre alla stessa maniera, non cambiando assetto ogni volta. Anche quando le cose vanno male. Ranieri avrà sicuramente individuato i calciatori che ritiene più idonei a traghettare il Cagliari verso la salvezza: ecco, io scommetterei forte su di loro anche per dare alla squadra delle certezze che in questo momento, a causa dei risultati negativi, non ci sono. Serrerei dunque le fila e lavorerei su uno zoccolo duro di giocatori da responsabilizzare. E porterei avanti le mie scelte fino alla fine. Ovviamente tappandomi le orecchie per non ascoltare contestazioni e osservazioni esterne. Anzi, il gruppo potrebbe fare delle critiche uno strumento a proprio vantaggio, usandole come sprone e motivazione per caricarsi. Perché non siglare una sorta di patto interno alla squadra? Dimostriamo a chi ci ritiene scarsi e incapaci che invece siamo in grado di raggiungere il nostro obiettivo! Creare un ‘nemico’ comune può essere una strategia vincente. Ma queste sono cose che un mister dell’esperienza di Claudio avrà sicuramente già fatto.

Per conto mio, quando tutte le cose vanno male io allenatore - col mio gruppo di giocatori - devo pensare bene. E, quando tutti pensano bene, devo pensare male. In ogni caso, devo portare avanti delle certezze: i titolari sono questi, poi se Tizio non sta bene gioca Caio. In certi momenti servono chiarezza e trasparenza. E stabilità.”

Torniamo sulla sua interessante disquisizione di natura tattica circa l’impossibilità per il Cagliari di schierare una difesa a quattro. Come mai ritiene che i rossoblù debbano giocoforza disporsi a cinque dietro, coi tre centrali e i due esterni?

“A mio parere Ranieri non ha i giocatori per applicare il 4-4-2. Per valorizzare questo modulo occorre avere due esterni capaci di saltare l’uomo, dei centrocampisti in grado di tessere il gioco, dei terzini che sappiano salire, dei centrali disposti ad accettare l’uno contro uno. Il Cagliari non ha in tutti i reparti uomini con queste caratteristiche. La partita, del resto, è la fotografia dalla quale partire, la base su cui intervenire per apportare i necessari correttivi. E su alcune cose non si può transigere.

E poi io dico che in serie A, per centrare la salvezza, occorre affrontare tutte le avversarie con l’idea di fare punti. Può capitare magari di perdere uno scontro diretto e poi di dover incontrare Inter, Milan, Napoli e Juventus… Ecco, io nella mia carriera spesso mi sono salvato facendo risultato contro le grandi e, in alcuni casi, restando a bocca asciutta con le piccole. In questa categoria non puoi permetterti di dare per persa nessuna sfida, perché i punti-salvezza possono passare tanto da casa tua quanto dall’Olimpico o da San Siro.”