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ESCLUSIVA TC - ALBERTO MARCHETTI: "Nel mio Cagliari la chiave non era la tattica, ma l'unità e la compattezza del gruppo. Anche se Tiddia ebbe una grande intuizione, arretrando Brugnera nel ruolo di libero per fargli costruire il gioco da dietro"

ESCLUSIVA TC - ALBERTO MARCHETTI: "Nel mio Cagliari la chiave non era la tattica, ma l'unità e la compattezza del gruppo. Anche se Tiddia ebbe una grande intuizione, arretrando Brugnera nel ruolo di libero per fargli costruire il gioco da dietro"TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Calcio2000 n. 244
martedì 16 luglio 2024, 20:00Primo piano
di Matteo Bordiga

Centrocampista di qualità, aveva un feeling invidiabile con il gol. In maglia cagliaritana ne ha segnati ben 19 in 185 presenze, contribuendo alla favola della formazione isolana allenata da Mario Tiddia che, in serie A, per due volte sfiorò la qualificazione in Coppa Uefa.

Alberto Marchetti, in Sardegna dal 1977 al 1983, è stato uno dei perni del famoso centrocampo Quagliozzi-Marchetti-Casagrande-Bellini: una filastrocca “magica” che a Cagliari, ancora oggi, ricordano molto bene.

Alberto, lei fa parte di un periodo, per quanto circoscritto, decisamente fulgido della storia del Cagliari.

“Ultimamente la squadra rossoblù, con qualche eccezione, fa la spola tra la serie A e la serie B. Alla nostra epoca eravamo protagonisti in serie A e giocavamo per vincere contro chiunque, senza paura.”

Qual era il segreto del vostro Cagliari, anche dal punto di vista tattico?

“Non è che la tattica, ai nostri tempi, fosse assillante o esasperata. Era più che altro una questione di sintonia di gruppo, di unità di intenti. Tra di noi ci capivamo al volo, ci trovavamo a memoria in campo. Ognuno conosceva alla perfezione i movimenti dei compagni, ragion per cui di fatto giocavamo a occhi chiusi. E poi là davanti c’erano Piras e Selvaggi… In particolare Gigi era sempre nel posto giusto al momento giusto. Era un autentico predatore d’area. Non a caso ha segnato decine di gol in maglia rossoblù.”

Il vostro era un gioco veloce, dinamico, fatto di rapidi passaggi palla a terra e di imbucate in verticale.

“Beh, non avevamo degli spilungoni in squadra che giustificassero il ricorso ai lanci lunghi. E poi Tiddia ebbe la felice intuizione di arretrare Brugnera nella posizione di libero, in modo che Mario potesse iniziare a costruire il gioco da dietro. Molto moderno. Anzi contemporaneo, no?”

Che ricordo ha conservato della piazza e della tifoseria cagliaritana? In quegli anni l’entusiasmo attorno a voi era straripante e il Sant’Elia, soprattutto negli anni d’oro in serie A, ribolliva di passione.

“Noi eravamo felicissimi di vivere e di toccare con mano l’affetto del pubblico sardo. Ricordo con enorme piacere la gara che suggellò la nostra promozione in serie A, giocata al Sant’Elia contro la Sampdoria. Vincemmo 3-0 e lo stadio era un arcobaleno, un tripudio di sciarpe e di bandiere. Che immagine meravigliosa! Gattelli dopo il primo gol corse sotto la curva: noi calciatori praticamente piangevamo in campo. Sentivamo il trasporto, la spinta potente e trascinante della gente, del popolo sardo… E ancora oggi i miei figli, quando vanno in vacanza in Sardegna, vengono riconosciuti e festeggiati in quanto ‘figli di Marchetti’! Io stesso tutti gli anni ritorno nell’Isola, di solito a Villasimius, per godermi un po’ di mare. Tra l’altro tengo a sottolineare che, a distanza di quarant’anni da quando vestivo la maglia coi quattro mori, ogni volta che torno in Sardegna Gigi Piras riunisce tutti noi protagonisti di quel Cagliari attorno a un tavolo, per un pranzo o una cena. Un’occasione per ritrovarci e per stare ancora insieme. A dimostrazione del fatto che, nonostante il tempo che passa, siamo sempre una famiglia.”

Alberto, che ne pensa del Cagliari attuale? A cosa si potrà realisticamente ambire nel prossimo campionato di serie A?

“È ancora tutto in divenire: la squadra è in costruzione. Io però mi auguro che la società abbia in programma di rinforzare l’organico per disputare un torneo quantomeno tranquillo e, magari, non soffrire fino all’ultima giornata come è accaduto molto spesso in tempi recenti.”

Lei dove interverrebbe prioritariamente per migliorare la rosa? In attacco, ad esempio, con gli addii di Oristanio, Shomurodov e Petagna non c’è certo grande affollamento…

“Credo che, nel puntellare ogni squadra, sia sempre necessario concentrarsi sulla cosiddetta ‘colonna portante’, costituita da un difensore centrale che sappia comandare la retroguardia, da un centrocampista-leader che coniughi corsa e qualità e che sia in grado di dettare i tempi alla manovra e da una punta abituata ad andare in doppia cifra. Uno alla Gigi Piras, tanto per capirci.”