ESCLUSIVA TC - ROBERTO MUZZI: "I miei anni d'oro a Cagliari, tra vittorie memorabili, grandi tecnici e qualche rimpianto. Come quella retrocessione del 1997... Nella Primavera talenti in odore di prima squadra"
Semplicemente “Bum Bum Gol”.
Oltre centocinquanta presenze in maglia rossoblù – distribuite in cinque stagioni – e ben sessantaquattro reti complessive. Leader indiscusso dell’attacco cagliaritano e punto di riferimento del reparto avanzato capace di coniugare potenza, velocità, corsa e fiuto del gol, fungendo da centravanti ma svariando anche su tutto il fronte offensivo alla ricerca dell’imbeccata giusta in profondità.
Tra i bomber della storia recente del club isolano è forse, assieme a David Suazo e a Luis Oliveira, il più amato e il più rimpianto. Perché un Roberto Muzzi là davanti, anche per il Cagliari attuale di Claudio Ranieri, sarebbe un rinforzo a dir poco “deluxe”. Col suo piglio da trascinatore e il suo “killer instinct” da cannoniere, toglierebbe parecchie castagne dal fuoco a Dossena e compagni.
Arrivato in Sardegna nel 1994, ha conosciuto sia l’ebbrezza di concorrere per un posto in Coppa Uefa sia il sapore aspro e tagliente della retrocessione, riscattata tuttavia dall’immediata risalita in massima serie. Oggi Muzzi è tornato a casa, nella sua Cagliari, e per la società rossoblù svolge l’incarico di coordinatore tecnico della Primavera.
Roberto, riavvolgiamo il nastro della memoria. Torniamo al suo sbarco nell’Isola, datato novembre 1994. Cosa ricorda della trattativa che la portò in rossoblù?
“Fu Carletto Mazzone a intercedere per me. Io all’epoca mi trovavo a Roma, sponda giallorossa: c’erano giocatori del calibro di Daniel Fonseca e Abel Balbo. Mazzone suggerì a Cellino di ingaggiarmi, perché secondo lui a Cagliari avrei potuto fare molto bene. Insomma, sor Magara ci mise la faccia, Cellino si fidò e così io approdai in Sardegna.”
Nelle sue cinque stagioni trascorse in terra sarda, dal 1994 al 1999, lei ebbe modo di lavorare con allenatori di altissimo profilo: da Tabarez a Trapattoni, da Bruno Giorgi allo stesso Mazzone. Senza dimenticare, ovviamente, Gian Piero Ventura. C’è stata un’annata che le è rimasta particolarmente impressa e che le ha regalato le più grandi soddisfazioni in maglia rossoblù?
“Credo di aver vissuto le stagioni migliori con Tabarez e con Ventura. E, nonostante l’esito infausto dopo lo sfortunato spareggio col Piacenza, cito anche l’anno con Mazzone in panchina: soprattutto nel girone di ritorno la squadra diede tutto quello che aveva per acciuffare la salvezza, che ci sfuggì per pochissimo. Con Tabarez arrivammo a un passo dall’Europa, mentre con Ventura ottenemmo una meritatissima promozione in serie A.”
A proposito del tecnico genovese, con lui il Cagliari – specialmente nelle gare casalinghe – dava spettacolo. Scendevate in campo con un 3-5-2 a forte trazione anteriore, nel quale i due esterni di centrocampo erano praticamente due ali aggiunte. Proponevate un calcio avanguardistico per l’epoca, non crede?
“Sì, giocavamo molto bene. Come ha detto lei, era un 3-5-2 super offensivo. Già nell’anno in cadetteria ci disimpegnammo egregiamente, ma soprattutto in serie A riuscimmo a battere squadroni del calibro di Juventus, Milan e Roma grazie all’aggressività con la quale approcciavamo le partite.”
A suo avviso cosa andò storto, invece, nella stagione 1995-’96 quando, tra squilli di trombe e rulli di tamburi, Giovanni Trapattoni venne ingaggiato da Massimo Cellino con l’obiettivo dichiarato di riportare il Cagliari in Europa? Le aspettative erano altissime…
“L’insuccesso di quell’annata dipese da svariati fattori concomitanti. Personalmente io patii un infortunio al tendine d’Achille, che mi lasciò fuori a lungo. Nel complesso, direi che quella squadra si rivelò al di sotto delle aspettative che erano state riposte su di essa in estate. Le cose migliorarono col ritorno di Bruno Giorgi, che ci diede maggiore equilibrio. Inoltre io, dopo ben tre mesi e mezzo, rientrai dall’infortunio. Alla fine, giocando un po’ più attenti e accorti, chiudemmo con una salvezza piuttosto tranquilla.”
Parliamo dell’anno della retrocessione. Dopo un avvio disastroso con Gregorio Perez arrivò Mazzone e, soprattutto nel girone di ritorno, rimise a posto la squadra, che cominciò a macinare gioco e risultati. La sensazione era che quel Cagliari, per valori tecnici e tattici, non meritasse affatto la serie B. È d’accordo?
“In effetti quella squadra aveva delle ottime qualità. La verità è che noi partimmo male anche perché avevamo un allenatore, Perez, che non conosceva il calcio italiano: quando è così si rischia di andare incontro a grandi difficoltà. E poi fu complicato recuperare sgomitando dalle retrovie: rincorrere per tutto il campionato non è un’impresa facile per nessuno. Ciononostante sfiorammo la salvezza, andando anche a vincere a Milano col Milan. Sicuramente toppammo qualche partita, ma in una rincorsa del genere è normale che capitino degli incidenti di percorso.
Detto tra noi, girò tutto storto. Dopo la vittoria col Milan eravamo carichi e speravamo di disputare lo spareggio pochi giorni più tardi. Invece passarono due settimane, e in più andammo a giocare a Napoli… Fu una concatenazione di circostanze sfortunate.”
Come sfortunata, indubbiamente, fu la penultima gara di campionato con la Sampdoria al Sant’Elia, che avrebbe potuto consegnarvi virtualmente la salvezza. Giocaste molto bene, ma sul 3-3 proprio un suo diagonale uscì di un soffio e, alla fine, Iacopino firmò il 3-4…
“Quel tiro uscì veramente di pochissimo… Se fosse entrato, col 4-3 ci saremmo salvati con una giornata di anticipo. Poi sul capovolgimento di fronte, a un minuto dalla fine, la Sampdoria vinse la partita. Questo testimonia che gli episodi quell’anno non ci premiarono e che, aldilà dei nostri demeriti, ci fu anche tanta sfortuna.”
Roberto, oggi lei riveste una posizione importante all’interno del Cagliari: è coordinatore tecnico della Primavera. Si tratta di un ruolo sia “di campo” che dirigenziale. Ci racconta come sta vivendo questa nuova avventura?
“È un’esperienza stimolante e molto formativa. Lavoro a stretto contatto con Pierluigi Carta, col quale parlo tanto di giovani e di mercato. Trascorro tutto il giorno in campo con la Primavera e, in più, mi occupo dell’Under 18. Il lavoro mi piace molto: sto crescendo anche grazie allo stesso Pierluigi Carta, al direttore sportivo Bonato e a Bernardo Mereu, responsabile del settore giovanile.
Già quando ero alla Roma avevo segnalato alla società diversi giocatori, come Frattesi, Scamacca e Pellegrini: spero di fare lo stesso qui a Cagliari. Del resto abbiamo una Primavera competitiva, che sta sfornando elementi interessanti. Questo grazie a un grande allenatore, come Fabio Pisacane, che sta migliorando tantissimo giorno dopo giorno. E, ovviamente, a tutto il suo fantastico staff. Ci sono dei prospetti che, tra un po’ di tempo, potrebbero sbarcare in prima squadra: non faccio i nomi per correttezza, ma diciamo che stiamo allevando diversi talenti in erba.”