ESCLUSIVA TC - CLAUDIO PANI: "Il mio Club Sardegna, progetto innovativo per formare calciatori professionisti sardi con l'aiuto di campioni come Suazo e Andrea Pisanu. Il mercato del Cagliari? Chiunque arrivi, con Ranieri non potrà che fare bene"

ESCLUSIVA TC - CLAUDIO PANI: "Il mio Club Sardegna, progetto innovativo per formare calciatori professionisti sardi con l'aiuto di campioni come Suazo e Andrea Pisanu. Il mercato del Cagliari? Chiunque arrivi, con Ranieri non potrà che fare bene"TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Federico Gaetano/TuttoLegaPro.com
giovedì 10 agosto 2023, 16:43Primo piano
di Matteo Bordiga

Il Big Bang della sua carriera è giunto nel 2005, a diciannove anni, quando il tecnico Daniele Arrigoni l’ha fatto debuttare con la maglia della squadra della sua città, il Cagliari, in serie A contro la Juventus. Da quell’esordio è iniziata una carriera itinerante, vissuta prevalentemente tra serie B e Lega Pro con la lunga parentesi dell’avventura in quel di Malta, prima con il Valletta e poi con i Sliema Wanderers.

Appesi gli scarpini al chiodo, Claudio Pani - regista dinamico, abile in fase di interdizione e in possesso di un’ottima tecnica di base - è presto diventato club manager dell’ambizioso progetto Club Sardegna, finalizzato a crescere e a formare nuovi talenti sardi potenzialmente in grado di scalare le vette del calcio nazionale e internazionale.

Claudio, lei debuttò con la maglia dei quattro mori nel 2005 al Delle Alpi, contro la Juventus. Cosa ricorda di quel giorno?

“Un pomeriggio indimenticabile. Di fronte a me avevo undici mostri sacri: la Juventus era una squadra stellare. Non avevo idea che sarei sceso in campo a Torino: ero stato convocato per la partita, e già questo mi aveva reso felicissimo. Ma quando la mattina il mister Arrigoni segnò il mio nome sulla lavagnetta dei titolari l’emozione fu enorme. Credo si sia trattato di uno dei momenti più belli della mia vita.

La gara andò bene: nonostante né la Juventus - che festeggiava lo scudetto - né il Cagliari - già ampiamente salvo - avessero nulla da chiedere a quei novanta minuti, fu partita vera. Gli juventini andavano a duemila all’ora. Ricordo come fosse ieri le sensazioni provate all’ingresso in campo dagli spogliatoi, l’odore dell’erba, la marea umana che affollava gli spalti – c’erano almeno sessantamila spettatori al Delle Alpi. Ma ricordo altrettanto bene che, appena iniziato il match, tutto passò; era come se il contesto non esistesse più. E mi concentrai solo ed esclusivamente su quello che dovevo fare in campo.”

Da quell’esperienza è nata una carriera piuttosto lunga che l’ha vista vestire tante maglie diverse.

“Il debutto col Cagliari mi ha dato grande consapevolezza in me stesso e nelle mie capacità. Quando sei ragazzo guardi ai giocatori di serie A come a degli eroi che vengono da un altro mondo, e ti sembra di non poter mai arrivare dove sono arrivati loro. In realtà sono persone come tutte, che avevano un sogno e che l’hanno realizzato. La stessa cosa la puoi fare tu: una volta compreso questo, sei pronto per spiccare il volo nella tua carriera da professionista. Con questa mentalità, oltre che ovviamente con i piedi ben piantati per terra, dopo il Cagliari sono ripartito dalla Pistoiese, in serie C. Quello per me è stato l’anno della svolta. Mi sono fatto apprezzare e l’anno successivo sono stato mandato in prestito in serie B, a Modena. Qui fino a novembre non ho mai visto il campo, poi due titolari si sono fatti male nel riscaldamento pre-gara e allora sono stato chiamato in causa dall’allenatore. Ho risposto bene da par mio e da quel momento sono sempre stato schierato titolare con i canarini.

La forza di farmi trovare pronto al momento giusto derivava anche dalla mia avventura a Cagliari, nel corso della quale avevo preso a modello un campionissimo del calibro di Gianfranco Zola: vedere un giocatore di quella levatura che a quarant’anni si allenava a tutta birra e senza risparmiare una stilla di sudore era l’insegnamento più grande che si potesse ricevere.”

Claudio, veniamo al presente. Il Cagliari si appresta a ritrovare la serie A dopo un difficile e travagliato anno di purgatorio in cadetteria. Come vede la squadra rossoblù ai nastri di partenza di questo campionato?

“Personalmente lo vedo bene, e per un semplice motivo che ha il nome e il cognome di Claudio Ranieri. In primis il tecnico romano ha riavvicinato la squadra alla gente, quindi adesso – a differenza di prima – in campo non scendono undici giocatori, ma un popolo intero. E poi è maestro nel far rendere al meglio i calciatori di cui dispone. Io quest’anno non sono affascinato più di tanto dai nomi di spicco accostati al Cagliari in sede di mercato, perché dentro di me ho la tranquillità interiore di sapere che chiunque verrà, con un tecnico così, non potrà che fare bene.

Pensiamo a Lapadula. Prima dell’arrivo di Ranieri non era l’attaccante che tutti conosciamo. Dopo la ‘cura’ del mister si è letteralmente trasformato. E non tanto dal punto di vista realizzativo, perché qualche gol l’aveva segnato anche prima, quanto sotto il profilo temperamentale. Si è messo completamente al servizio della squadra e ha dimostrato ancora una volta che nel calcio, anteponendo la logica del gruppo a quella del proprio interesse personale, si raggiungono anche gli obiettivi individuali a cui uno aspira. Non a caso è stato il capocannoniere del campionato di serie B.”

Parliamo dell’innovativo progetto di cui lei fa entusiasticamente parte in qualità di club manager: quello del Club Sardegna. Diversi ex giocatori del Cagliari hanno aderito. Di cosa si tratta esattamente?

“Il progetto nasce da un sogno condiviso con altri calciatori come David Suazo o Andrea Pisanu, anche loro coinvolti nel Club Sardegna. Ci siamo chiesti cosa avremmo voluto avere da ragazzini per crescere nel mondo del calcio, cosa ci avrebbe permesso di arrivare ancora più in alto e di raggiungere risultati ancora più lusinghieri. La risposta è il Club Sardegna: si tratta di stage formativi settimanali che si svolgono ad Arborea - punto strategico collocato a metà strada tra Nord e Sud Sardegna - e accolgono ragazzi provenienti da tutte le società sportive sarde. Gli stage coniugano l’aspetto teorico con quello pratico. In aula gli allievi studiano come ottenere ciò che vogliono dalla vita e dallo sport: come gestire le emozioni, come trovare il proprio autocontrollo e la propria autodisciplina, quali sono le abitudini alimentari da adottare a tavola. E poi gli insegniamo a conoscere il corpo umano – specialmente le parti e i muscoli che un calciatore utilizza con più frequenza – e gli forniamo anche dei rudimenti di educazione finanziaria, fondamentali per un potenziale calciatore del futuro.

In più i ragazzi approfondiscono il gioco del calcio dal punto di vista teorico, perché devono sapere cosa si deve fare in campo aldilà delle indicazioni che possono dargli gli allenatori, e poi si allenano col pallone per un paio d’ore secondo piani di lavoro specifici e adatti alla loro età. Stiamo parlando di giovani di 12-13 anni: quest’anno abbiamo accolto i classe 2010.

Un aspetto molto importante del nostro progetto è che le stesse lezioni che seguono i ragazzi vengono impartite anche ai loro genitori: quando gli allievi escono dall’aula al loro posto entrano i genitori, coi quali ovviamente approfondiamo e svisceriamo maggiormente determinati argomenti. In questo modo, oltre ai figli si ‘educano’ anche le loro famiglie. A volte i padri e le madri pensano di incoraggiare i propri ragazzi utilizzando certe frasi o comportandosi in un certo modo, ma in realtà gli stanno solo mettendo ulteriore pressione addosso. Ecco, noi cerchiamo di prepararli e di formarli affinché prendano per mano e sostengano i lori figli in modo positivo e costruttivo.

In definitiva, l’obiettivo che ci poniamo è quello di tirare su in primis dei giovani rispettosi ed educati, e poi di fornire agli allievi quegli strumenti tecnici che possano aiutarli a realizzare il loro sogno: diventare dei veri calciatori. Naturalmente non è detto che tutti ci riusciranno, ma noi battiamo molto sull’importanza di avere degli obiettivi nella vita e di lottare per conquistarli. Infine tengo a sottolineare che il progetto è completamente gratuito. Le famiglie non hanno una quota associativa da pagare: sono le aziende sarde che credono nel potenziale umano e che investono sulla formazione di questi ragazzi.

La speranza è che nel lungo periodo, grazie al Club Sardegna, aumentino numericamente i calciatori sardi protagonisti ai massimi livelli nel calcio nazionale e internazionale. Non ci spieghiamo infatti come mai, nonostante l’altissimo numero di talenti in erba presenti nell’Isola, oggi come oggi così pochi sardi siano riusciti a entrare nel mondo del professionismo. Ci siamo dunque ripromessi di provare a invertire questo trend.”