Cagliari, Ballardini rivive l'esperienza rossoblù: "Salvezza del 2008? Rimonta incredibile: importante aver coinvolto tutti. Poche certezze, ma chiare"

Cagliari, Ballardini rivive l'esperienza rossoblù: "Salvezza del 2008? Rimonta incredibile: importante aver coinvolto tutti. Poche certezze, ma chiare" TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Federico Serra
Ieri alle 21:30Primo piano
di Vittorio Arba

Davide Ballardini, ex allenatore del Cagliari, si è raccontato ai microfoni di ​​​​​​Doppio Passo Podcast, dove tra i tanti temi affrontati ha ripercorso l'esperienza in rossoblù e la salvezza nella stagione 2007-08. Di seguito le sue parole, sintetizzate da TuttoCagliari.net: "Alla Sambenedettese avevo come team manager Francesco La Rosa, molto legato a Nicola Salerno, che in quel periodo era il direttore sportivo del Cagliari. Venne spesso, lui o qualcuno per lui, a seguire le nostre partite. A fine stagione, mi propose di andare al Cagliari. È stato quello il passaggio decisivo", racconta.
"Devo ringraziare anche Vincenzo D’Ippolito, che mi portò dalla Primavera del Parma alla Sambenedettese. Era procuratore di tanti giocatori, come Bogliacino, Amodio, Tedoldi, Colonnello. A gennaio portò anche Leon. La mia carriera nel professionismo è cominciata così, grazie a lui. E grazie anche a Cellino, che mi diede l’occasione di passare dalla Serie C alla Serie A". Il salto, però, fu tutt’altro che semplice: "Chiaro che la Serie A non è la Serie C. Dovevi gestire tante cose fuori dal campo, non solo allenare. La prima stagione non andò bene: otto-nove partite, quattro pareggi, diverse sconfitte. Ma il presidente ebbe pazienza. Due stagioni dopo, mi richiamò. Era il 2007-2008: nel girone di ritorno facemmo una rincorsa incredibile e il Cagliari si salvò". Una salvezza entrata nella storia: "Avevamo 10 punti all’andata, chiudemmo a 42. Una rimonta clamorosa. A gennaio arrivarono Storari, Jeda – che non aveva mai giocato in Serie A – e Andrea Cossu, che era in C al Verona e che non giocava. Ma non è che arrivi e tocchi chissà cosa. Lavori sul rapporto umano, sui principi, sull’allenamento quotidiano. Cerchi di coinvolgere tutti. Se non coinvolgi i giocatori, se non si sentono parte del progetto, non funziona". Poi entra più nel dettaglio tecnico: "Portammo le nostre idee. Giocavamo col 4-3-1-2. Jeda faceva il trequartista, poi schierai Cossu e Jeda passò in attacco con Matri o Acquafresca. Michele Fini, ad esempio, era un esterno da 4-4-2, io lo spostai mezzala e da lì iniziò una nuova carriera. Non avevamo tante certezze, ma quelle poche erano chiare. E da lì, con il lavoro quotidiano, costruimmo quella salvezza".

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