Udinese, Inler: "A Leicester storia bellissima, Ranieri un maestro"

Udinese, Inler: "A Leicester storia bellissima, Ranieri un maestro"TUTTOmercatoWEB.com
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di Redazione TuttoCagliari

Ttorna "Storie di Serie A" su Radio-TV Serie A con RDS. Puntata dedicata all'attuale responsabile Area Tecnica Udinese, Gökhan Inler. Ecco le sue parole:

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Puntata dedicata all'attuale responsabile Area Tecnica Udinese, Gökhan Inler.

L'intervista è disponibile anche sul Canale Youtube di Lega Serie A al seguente link

https://www.youtube.com/watch?v=SRXV-OG3Vfw

Grazie, buon lavoro.

LA REDAZIONE DI RADIO-TV SERIE A CON RDS

SUL NUOVO INCARICO

Ho smesso di giocare quest'estate a 40 anni, quello era l'obiettivo. Tutto è partito velocemente, sono stato dal primo luglio responsabile della squadra, è stata una bellissima cosa perché i ragazzi hanno bisogno di un sostegno, dell'esperienza che ho avuto. Ho girato tanti paesi con tante situazioni diverse, sia positive, sia meno belle. È un lavoro sicuramente diverso dal campo. In campo ti prepari bene per la partita, da fuori sei ogni giorno presente, è un altro mondo. Mi piace perché c'è sempre da fare, per me l'obiettivo è sempre stato dare un contributo ai ragazzi, al mister e a tutta la società. Il mio obiettivo è risolvere le domande dei ragazzi o del mister e permettergli di performare poi al meglio. 

Ogni giorno un giocatore può cambiare umore, io so benissimo come un giocatore pensa. Per me è fondamentale che io gli stia vicino, sono ogni giorno qua, vedo tutti gli allenamenti, in partita sono vicino al mister. Per me è fondamentale prendere queste informazioni e agire subito quando serve. 

In campo avevo forte la voglia di vincere, l'ho fatto in carriera, questo mi aiuta a trasmettere qualcosa ai ragazzi. Per loro è un inizio. L'Udinese è una società dove si può fare bel calcio e tanti ci guardano, è una bellissima cosa. 

SULLA SVIZZERA

Sono nato in Svizzera e quindi ho la mentalità un po' svizzera, lì è tutto preciso, strutturato. Questo mi ha dato un mio DNA, ho cercato di portarlo in tutta la mia carriera. Ci sono tanti giocatori svizzeri che sono bravi, la Nazionale negli ultimi 10-15 anni ha avuto giocatori molto bravi. 

L'ARRIVO A UDINE

Quando sono arrivato io mi sembrava simile alla Svizzera, mi sono trovato subito bene. È una piazza per i giovani, ma abbiamo anche giocatori esperti perché ne abbiamo bisogno. Secondo me è un bel mix. L'Udinese è in continuo miglioramento, anche a livello di strutture e di utilizzo dei dati. Mi fa piacere che posso dare la mia esperienza ai giocatori avendo giocato qui. 

A Udine hai meno pressione rispetto ad altre piazze forse, ma giochi comunque in Serie A, non è per caso che l'Udinese è da 30 anni in Serie A, quello dell'Udinese è un marchio importante. La pressione dobbiamo farla noi, insieme ai tifosi, per vincere ogni partita. Non accetto che un giocatore venga qua solo per passeggiare. Aiuterò i giocatori a fare una carriera vincente. 

GLI ALLENATORI CHE HA AVUTO A UDINE

Con tutti i miei allenatori a Udine ho avuto bellissime esperienze. Marino curava tutto dal punto di vista tattico, per lui non era facile perché eravamo in tanti nuovi. Non era facile anche a livello linguistico, all'inizio non parlavo l'italiano poi ho imparato da solo. Mi ricordo che con Marino alla prima partita non pensavo che avesse deciso in un certo modo, giocavamo contro l'Inter quindi c'era pressione. Stava scrivendo la formazione e quando arrivò sui centrocampisti, ci guardò e disse "Inler, però senza la macchina". Tutti si misero a ridere, ci aiutò a togliere un po' di pressione. 

De Biasi è stato poco, ma era sempre energetico anche se è stato per un periodo breve. 

Guidolin era un pignolo, ti rompeva per ogni virgola, mi è piaciuto tanto perché curava ogni dettaglio. Sono anche io così, si ambientò bene e si videro anche i risultati arrivando in alto. 

SU ALEXIS SANCHEZ

Alexis ha fatto una bellissima carriera, siamo cresciuti insieme. Posso dire che lui non è cambiato, anche adesso è vincente, vuole sempre vincere. Questo mi piace di lui, non molla mai. In quella squadra c'erano tanti giocatori forti che hanno fatto grandi carriere.

IL PIEDE PREFERITO

Mi piaceva calciare con entrambi i piedi. Il mio piede migliore era il destro, ma ho addestrato il sinistro. Ho lavorato ogni giorno sul sinistro, anche le partite che giocavo con gli amici le giocavo usando il mancino, questo per aumentare la difficoltà perché con il sinistro facevo più fatica. Giocando con l'altro piede è un altro mondo, vedi e pensi in modo diverso. Mi sono allenato tanto con il muro, aiuta tantissimo. Questo è anche un input per i giovani, si può giocare con entrambi i piedi: è solo lavoro. Ho lavorato tanto anche sul tiro, ho allenato i tiri da lontano, tantissimi tiri al giorno, è diventata una mia forza. 

È fondamentale la concentrazione sul tiro, oltre alla posizione perché non c'è tanto tempo di pensare. Appena trovavo spazio era la mia forza, tanti tifosi mi gridavano di tirare. Era una bella cosa, è stato importante. 

IL NAPOLI

Napoli è una piazza caldissima, vivono per il calcio. Ogni partita è per vincere. Ti puoi preparare fisicamente, ma la cosa più importante è il punto di vista mentale, ogni partita la devi vincere. Stavo più in casa a concentrarmi e riposarmi, giocavamo ogni tre giorni con la Champions. Mi preparavo bene. 

MAZZARRI E BENITEZ

Ho ancora rapporti con loro. Mazzarri è scatenato, tattica su tattica. Vedevamo due sistemi per una partita, è stata una bella esperienza, curava tutto anche i dettagli. Era sempre lì per aiutarci, nel mio caso mi ha aiutato tanto a inserirmi nella squadra, è stato un grande allenatore per me. 

Benitez gli assomiglia, cura tanto le statistiche, i numeri. È programmato come uno svizzero. Anche con lui è stata una bellissima esperienza, curava anche i dettagli dei passaggi. Un calciatore magari sa passare la palla, ma non pensa a questi dettagli, ci dava indicazioni di passarci meglio la palla, anche se un giocatore magari aveva già fatto la sua carriera. È stato un allenatore molto interessante per me. 

CITTADINANZA ONORARIA

Vincere trofei è stato spettacolare e avere questo riconoscimento un orgoglio. Si è visto che ho lavorato bene, ho dimostrato con carattere che si può arrivare a questi riconoscimenti. 

SUL LEICESTER

Una storia bellissima, nessuno conosceva il Leicester nel mondo, ma con Ranieri volevamo affrontare questo campionato. Anche Ranieri è un altro maestro, mi ha chiamato per convincermi ad andare lì. Sono andato pur sapendo che non sarei stato titolare, che sarei stato un leader per aiutarli a crescere, ho conosciuto il calcio in un'altra maniera, non giocando, o comunque giocando poco.  È stata dura, ero capitano della Nazionale, rischiavo di perdere tutto, ma non ho mollato, non ho voluto cambiare. Non ho guadagnato il posto perché non abbiamo perso mai, me lo diceva il mister che era difficile cambiare con la squadra che andava così bene. Lo ho accettato anche perché i ragazzi nel mio ruolo non hanno mai mollato. Ma non ho mollato neanche io, ogni giorno mettevo il massimo anche per loro, per fare gruppo. Ero più grande dei miei compagni, quando mi vedevano allenare a quei livelli loro non potevano mollare. È stata una cosa per loro positiva. Il gruppo ha vinto. 

Alla fine ho perso la Nazionale, ma vedere il calcio da fuori mi ha regalato il trofeo e l'ho accettato volentieri. Ho imparato anche a soffrire. 

SULLA NAZIONALE SVIZZERA

Avere Hitzfeld in panchina è stato decisivo, la sua educazione e la sua tranquillità ci ha dato una grande forza. Anche l'idea di divertire giocando. Contro l'Argentina per me è stata una partita di altissimo livello, peccato non aver vinto perché eravamo vicini, poi c'è Messi... 

Ma anche Messi ha avuto bisogno di altri campioni come Di Maria. Il Mondiale è il top, per come si prepara, per i tifosi. 

LA TURCHIA

È un mondo diverso, Istanbul ha 20 milioni di abitanti, ma anche le altre città dove ho giocato. Ogni partita aveva pressione, c'era meno tattica, ma a livello di temperamento era alto, le tifoserie erano devastanti. È stata un'altra bellissima esperienza con anche successi. 

GLI OBIETTIVI DELL'UDINESE

Quest'anno abbiamo un mister nuovo, con il suo stile. La squadra è più o meno quella dell'anno scorso, abbiamo preso nuovi giovani di prospettiva per il futuro. È un gruppo che l'anno scorso ha sofferto tanto, non è stato facile, ma siamo ancora qui. Una società come l'Udinese merita di esserci. Il nostro obiettivo è quello di fare una squadra stabile, che sa come gioca, che ha un DNA. In questi sei mesi siamo partiti bene e poi un po' calati sui risultati, ma stiamo lavorando ogni giorno per creare la mentalità vincente che è una cosa molto importante. Il lavoro c'è, i giocatori ci sono, la squadra mi piace, però l'asticella va messa alta, non mi piace la comfort zone. Gli obiettivi devono sempre tendere in avanti, anche quando perdi devi riflettere bene, essere presente e positivo, dire subito le cose, anche quelle meno belle. È così che si va avanti e si crea un ambiente diverso, questo è quello che stiamo facendo e spero di finire alla grande. 

SULLO SCOUTING DELL'UDINESE

È una forza dell'Udinese, adesso da dirigente la vedo ogni giorno. E' un altro mondo, un giocatore non si prende senza analisi: filtriamo, filtriamo di nuovo, restringiamo la lista. È molto importante questa cosa. Si investe quando siamo sicuri. Ringrazio anche il Presidente perché ci mette tutto. Sono contento che possiamo collaborare tutti insieme.

Ho smesso di giocare quest'estate a 40 anni, quello era l'obiettivo. Tutto è partito velocemente, sono stato dal primo luglio responsabile della squadra, è stata una bellissima cosa perché i ragazzi hanno bisogno di un sostegno, dell'esperienza che ho avuto. Ho girato tanti paesi con tante situazioni diverse, sia positive, sia meno belle. È un lavoro sicuramente diverso dal campo. In campo ti prepari bene per la partita, da fuori sei ogni giorno presente, è un altro mondo. Mi piace perché c'è sempre da fare, per me l'obiettivo è sempre stato dare un contributo ai ragazzi, al mister e a tutta la società. Il mio obiettivo è risolvere le domande dei ragazzi o del mister e permettergli di performare poi al meglio. 

Ogni giorno un giocatore può cambiare umore, io so benissimo come un giocatore pensa. Per me è fondamentale che io gli stia vicino, sono ogni giorno qua, vedo tutti gli allenamenti, in partita sono vicino al mister. Per me è fondamentale prendere queste informazioni e agire subito quando serve. 

In campo avevo forte la voglia di vincere, l'ho fatto in carriera, questo mi aiuta a trasmettere qualcosa ai ragazzi. Per loro è un inizio. L'Udinese è una società dove si può fare bel calcio e tanti ci guardano, è una bellissima cosa. 

SULLA SVIZZERA

Sono nato in Svizzera e quindi ho la mentalità un po' svizzera, lì è tutto preciso, strutturato. Questo mi ha dato un mio DNA, ho cercato di portarlo in tutta la mia carriera. Ci sono tanti giocatori svizzeri che sono bravi, la Nazionale negli ultimi 10-15 anni ha avuto giocatori molto bravi. 

L'ARRIVO A UDINE

Quando sono arrivato io mi sembrava simile alla Svizzera, mi sono trovato subito bene. È una piazza per i giovani, ma abbiamo anche giocatori esperti perché ne abbiamo bisogno. Secondo me è un bel mix. L'Udinese è in continuo miglioramento, anche a livello di strutture e di utilizzo dei dati. Mi fa piacere che posso dare la mia esperienza ai giocatori avendo giocato qui. 

A Udine hai meno pressione rispetto ad altre piazze forse, ma giochi comunque in Serie A, non è per caso che l'Udinese è da 30 anni in Serie A, quello dell'Udinese è un marchio importante. La pressione dobbiamo farla noi, insieme ai tifosi, per vincere ogni partita. Non accetto che un giocatore venga qua solo per passeggiare. Aiuterò i giocatori a fare una carriera vincente. 

GLI ALLENATORI CHE HA AVUTO A UDINE

Con tutti i miei allenatori a Udine ho avuto bellissime esperienze. Marino curava tutto dal punto di vista tattico, per lui non era facile perché eravamo in tanti nuovi. Non era facile anche a livello linguistico, all'inizio non parlavo l'italiano poi ho imparato da solo. Mi ricordo che con Marino alla prima partita non pensavo che avesse deciso in un certo modo, giocavamo contro l'Inter quindi c'era pressione. Stava scrivendo la formazione e quando arrivò sui centrocampisti, ci guardò e disse "Inler, però senza la macchina". Tutti si misero a ridere, ci aiutò a togliere un po' di pressione. 

De Biasi è stato poco, ma era sempre energetico anche se è stato per un periodo breve. 

Guidolin era un pignolo, ti rompeva per ogni virgola, mi è piaciuto tanto perché curava ogni dettaglio. Sono anche io così, si ambientò bene e si videro anche i risultati arrivando in alto. 

SU ALEXIS SANCHEZ

Alexis ha fatto una bellissima carriera, siamo cresciuti insieme. Posso dire che lui non è cambiato, anche adesso è vincente, vuole sempre vincere. Questo mi piace di lui, non molla mai. In quella squadra c'erano tanti giocatori forti che hanno fatto grandi carriere.

IL PIEDE PREFERITO

Mi piaceva calciare con entrambi i piedi. Il mio piede migliore era il destro, ma ho addestrato il sinistro. Ho lavorato ogni giorno sul sinistro, anche le partite che giocavo con gli amici le giocavo usando il mancino, questo per aumentare la difficoltà perché con il sinistro facevo più fatica. Giocando con l'altro piede è un altro mondo, vedi e pensi in modo diverso. Mi sono allenato tanto con il muro, aiuta tantissimo. Questo è anche un input per i giovani, si può giocare con entrambi i piedi: è solo lavoro. Ho lavorato tanto anche sul tiro, ho allenato i tiri da lontano, tantissimi tiri al giorno, è diventata una mia forza. 

È fondamentale la concentrazione sul tiro, oltre alla posizione perché non c'è tanto tempo di pensare. Appena trovavo spazio era la mia forza, tanti tifosi mi gridavano di tirare. Era una bella cosa, è stato importante. 

IL NAPOLI

Napoli è una piazza caldissima, vivono per il calcio. Ogni partita è per vincere. Ti puoi preparare fisicamente, ma la cosa più importante è il punto di vista mentale, ogni partita la devi vincere. Stavo più in casa a concentrarmi e riposarmi, giocavamo ogni tre giorni con la Champions. Mi preparavo bene. 

MAZZARRI E BENITEZ

Ho ancora rapporti con loro. Mazzarri è scatenato, tattica su tattica. Vedevamo due sistemi per una partita, è stata una bella esperienza, curava tutto anche i dettagli. Era sempre lì per aiutarci, nel mio caso mi ha aiutato tanto a inserirmi nella squadra, è stato un grande allenatore per me. 

Benitez gli assomiglia, cura tanto le statistiche, i numeri. È programmato come uno svizzero. Anche con lui è stata una bellissima esperienza, curava anche i dettagli dei passaggi. Un calciatore magari sa passare la palla, ma non pensa a questi dettagli, ci dava indicazioni di passarci meglio la palla, anche se un giocatore magari aveva già fatto la sua carriera. È stato un allenatore molto interessante per me. 

CITTADINANZA ONORARIA

Vincere trofei è stato spettacolare e avere questo riconoscimento un orgoglio. Si è visto che ho lavorato bene, ho dimostrato con carattere che si può arrivare a questi riconoscimenti. 

SUL LEICESTER

Una storia bellissima, nessuno conosceva il Leicester nel mondo, ma con Ranieri volevamo affrontare questo campionato. Anche Ranieri è un altro maestro, mi ha chiamato per convincermi ad andare lì. Sono andato pur sapendo che non sarei stato titolare, che sarei stato un leader per aiutarli a crescere, ho conosciuto il calcio in un'altra maniera, non giocando, o comunque giocando poco.  È stata dura, ero capitano della Nazionale, rischiavo di perdere tutto, ma non ho mollato, non ho voluto cambiare. Non ho guadagnato il posto perché non abbiamo perso mai, me lo diceva il mister che era difficile cambiare con la squadra che andava così bene. Lo ho accettato anche perché i ragazzi nel mio ruolo non hanno mai mollato. Ma non ho mollato neanche io, ogni giorno mettevo il massimo anche per loro, per fare gruppo. Ero più grande dei miei compagni, quando mi vedevano allenare a quei livelli loro non potevano mollare. È stata una cosa per loro positiva. Il gruppo ha vinto. 

Alla fine ho perso la Nazionale, ma vedere il calcio da fuori mi ha regalato il trofeo e l'ho accettato volentieri. Ho imparato anche a soffrire. 

SULLA NAZIONALE SVIZZERA

Avere Hitzfeld in panchina è stato decisivo, la sua educazione e la sua tranquillità ci ha dato una grande forza. Anche l'idea di divertire giocando. Contro l'Argentina per me è stata una partita di altissimo livello, peccato non aver vinto perché eravamo vicini, poi c'è Messi... 

Ma anche Messi ha avuto bisogno di altri campioni come Di Maria. Il Mondiale è il top, per come si prepara, per i tifosi. 

LA TURCHIA

È un mondo diverso, Istanbul ha 20 milioni di abitanti, ma anche le altre città dove ho giocato. Ogni partita aveva pressione, c'era meno tattica, ma a livello di temperamento era alto, le tifoserie erano devastanti. È stata un'altra bellissima esperienza con anche successi. 

GLI OBIETTIVI DELL'UDINESE

Quest'anno abbiamo un mister nuovo, con il suo stile. La squadra è più o meno quella dell'anno scorso, abbiamo preso nuovi giovani di prospettiva per il futuro. È un gruppo che l'anno scorso ha sofferto tanto, non è stato facile, ma siamo ancora qui. Una società come l'Udinese merita di esserci. Il nostro obiettivo è quello di fare una squadra stabile, che sa come gioca, che ha un DNA. In questi sei mesi siamo partiti bene e poi un po' calati sui risultati, ma stiamo lavorando ogni giorno per creare la mentalità vincente che è una cosa molto importante. Il lavoro c'è, i giocatori ci sono, la squadra mi piace, però l'asticella va messa alta, non mi piace la comfort zone. Gli obiettivi devono sempre tendere in avanti, anche quando perdi devi riflettere bene, essere presente e positivo, dire subito le cose, anche quelle meno belle. È così che si va avanti e si crea un ambiente diverso, questo è quello che stiamo facendo e spero di finire alla grande. 

SULLO SCOUTING DELL'UDINESE

È una forza dell'Udinese, adesso da dirigente la vedo ogni giorno. E' un altro mondo, un giocatore non si prende senza analisi: filtriamo, filtriamo di nuovo, restringiamo la lista. È molto importante questa cosa. Si investe quando siamo sicuri. Ringrazio anche il Presidente perché ci mette tutto. Sono contento che possiamo collaborare tutti insieme.