Donati: "Monza e Lecce possono salvarsi, il Verona dell'anno scorso insegna..."
L'ex difensore del Monza Giulio Donati, ora in attesa di una nuova sistemazione, ha rilasciato una lunga intervista a Sportitalia.com. Le sue considerazioni:
Come stai, ti manca il campo? Ti tieni in forma per una chiamata?
“Sto molto bene e sì, mi sono sempre tenuto in forma continuando ad allenarmi anche con una squadra in attesa della chiamata di qualche club”.
Mi vengono in mente diverse squadra sia in A che in B, che avrebbero bisogno di un rinforzo dietro. Preferenze di categoria?
“Ovvio che la Serie A mi piacerebbe, ma allo stesso tempo ci sono tante belle realtà anche in Serie B alle quali, se dovessero chiamarmi, sarei molto felice di dare il mio contributo per la fase di ritorno”.
Il tuo auspicio per il 2025?
“A livello personale mi auguro di trovare una squadra che mi possa aiutare ad esprimere ancora questa voglia che ho di dire la mia. Preferisco sempre far parlare il campo. Come dissi a Palladino quando mi fece rientrare al Monza, la cosa sulla quale posso garantire al 100% di non tradire è la determinazione e la professionalità che metto sempre in ogni allenamento, in ogni seduta dentro e fuori dal campo. Penso di avere ancora qualche anno davanti per far bene”.
Hai vissuto tanti bei momenti a Monza. Quale non dimenticherai mai?
“Sicuramente quello della promozione in Serie A. Vedere due persone come Galliani e Berlusconi felici di aver portato una realtà come Monza per la prima volta in Serie A è sicuramente un motivo di grande orgoglio per tutti i giocatori che ne hanno fatto parte”.
Quanto è stato importante per te Palladino?
“Tantissimo. Sotto l’aspetto sportivo mi ha dato fiducia, mettendomi dentro e facendo capire che potevo ancora fare la Serie A dopo tanti anni in Bundesliga ed il passato al Lecce. Poi a livello umano mi ha fatto capire tanto, dandomi molto. Se un domani dovrò intraprendere la carriera di allenatore sicuramente mi ispirerò a lui”.
Vista la stima, ti ha stupito vedere l’impatto che ha avuto a Firenze?
“Sicuramente la Fiorentina non era più abituata a queste altezze in classifica, però non mi ha stupito troppo. Perché è un grande professionista che dà sempre il 100%, caratterialmente è umile, non vuole mai fare il protagonista, si mette sempre a disposizione dei suoi uomini. La formula è pensata bene insomma”.
Pensando a Lecce: cosa ti ha lasciato come squadra e come città?
“Come città l’ho sempre avuta nel cuore. Fu la prima nella quale andai dopo la Primavera dell’Inter, ci salvammo dopo un’annata stupenda nel 2010. Non sono potuto rimanere per varie vicissitudini, ma l’ho sempre seguita negli anni in Germania, perché le persone sono le più calorose d’Italia. Ritornare da più esperto mi ha fatto grande piacere anche se purtroppo ho potuto giocare solo nel girone di ritorno. Mi ha lasciato tanti bei ricordi ed ho lasciato tanti amici, compresi Liverani ed il Presidente Sticchi Damiani”.
Immagino che continuerai a seguire con un occhio di riguardo Lecce e Monza. Possono salvarsi visto l’alto numero di squadre in lotta per la salvezza?
“Assolutamente, le seguo e penso che l’anno scorso il Verona abbia dimostrato che si possono fare grandi rimonte per salvarsi. Poi come dicevi tu la classifica è molto corta, uno si può ritrovare coinvolto nella lotta salvezza e poi chiamarsi fuori con poche vittorie. Le squadre dovrebbero per questo pensare a costruire un’identità che poi fra la Primavera e maggio sarà fondamentale”.
Del trascorso all’Inter quale campione ti ha impressionato più degli altri? E che ricordo hai?
“E’ difficile da dire. Parto dai ricordi, che sono bellissimi a partire dalla chiamata in prima squadra e l’esordio indelebile nel mio cuore, in Coppa Italia. A livello umano comunque penso a Materazzi, mi ha preso sotto la sua ala, mi voleva in camera con lui, mi ha dato tanto sotto il punto di vista dell’esperienza e del comportamento. Poi c’era ovviamente Zanetti, che era un esempio per tutti”.
Ed a livello di gioco?
“Dovrei dire Maicon per il mio ruolo, ma il più eclatante per me da vedere era Walter Samuel”.
Perché tutti nominano lui di quella difesa? La sua intelligenza come difensore era anormale?
“Era incredibile. Ma a parte l’intelligenza, era un enorme professionista ed io ho sempre preferito le doti mentali, come la cattiveria, l’agonismo, la determinazione che aveva lui erano davvero incredibili. Certo, essere motivati con 80mila persone a San Siro è più facile, ma vi assicuro che vedere la sua voglia di non prendere gol a -2 gradi il 3 gennaio alla Pinetina in allenamento non era cosa da tutti, quando magari subentrava la voglia di andare a casa a farsi la doccia calda”.
Oggi all’Inter i difensori si trovano spesso in linea con l’ultimo attaccante.
“Il calcio si evolve, cambia, gli allenatori portano nuove idee. Se ci fosse solo un’idea vincente, vedremmo sempre lo stesso tecnico trionfare. Invece un anno vince Guardiola, quello dopo un altro. Ci sono poi squadre e squadre che si possono permettere certi sistemi e tattiche. Per esempio all’Inter puoi permetterti di giocare un po’ più alto, invece se devi puntare alla salvezza devi essere molto solido dietro senza usare il difensore che si stacca in avanti”.
Giocare in Germania cosa ti ha lasciato?
“Un’esperienza bellissima, mi ha dato tanto dopo un percorso nato dall’Under 21 con Sacchi e Mangia. Iniziavano a darmi delle nozioni di calcio più totale, all’epoca io ero un terzino puro, si pensava solo alla fase difensiva con qualche sovrapposizione ogni tanto. Invece in Germania il terzino già allora faceva tante cose, veniva usato a tutto campo o come quinto, come braccetto. Poi mi sono misurato con la Champions ed in palcoscenici importanti, un motivo d’orgoglio ed esperienza”.
Non ti voglio far entrare in polemica con nessuno, ma anche tu come Insigne hai avuto la sensazione di essere meno considerato dagli italiani per il fatto di giocare all’estero?
“Nel calcio si fanno le scelte ed è giusto così. Sarebbe una polemica con Conte, dato che c’era lui come ct allora, ma è un allenatore che io stimo tantissimo, davvero. Dico sempre ai miei amici che se fossi il presidente di una squadra come allenatore vorrei lui. Beh, devo dire che all’epoca almeno un ritiro sia io che Criscito l’avremmo meritato, visto che di italiani che giocassero la Champions League non ce n’erano poi molti. Un minimo secondo me lo paghi questo aspetto secondo me, sì. Anche se poi le cose sono un po’ cambiate, vedi Grifo che è stato chiamato in pianta stabile in Azzurro. La Bundesliga la considero alla pari, almeno, della Serie A. Poi magari se mi parli di Arabia Saudita allora forse posso capire se un allenatore possa pensare che il ritmo non sia uguale alla A, ma nel caso di Insigne parliamo di uno che non ha bisogno certo di presentazioni”.
In quel Leverkusen c’era un Calhanoglu diverso. Ti ha stupito vederlo arrivare a questo livello davanti alla difesa?
“Ha fatto una specie di carriera alla Pirlo, diciamo. Quando hai giocatori di quella intelligenza puoi usarli in tanti modi. Hakan è un ragazzo stupendo e come giocatore ha una intelligenza incredibile, poi la tecnica non gli manca. Non mi stupisce affatto”.
Che ne pensi di Valentin Carboni?
“Valentin l’ho sentito molto ultimamente. Quando sei sulla cresta dell’onda tutti ti scrivono e ti fa anche piacere, ma penso che sia ancora più importante essere determinati quando i riflettori non sono più su di te. L’altro giorno ho visto che stava facendo un bell’allenamento e gli ho detto che sono orgoglioso di lui. E’ un ragazzo che, nonostante sia giovanissimo, ha tanta voglia, determinazione e si vedeva già da giovanissimo aveva un’enorme voglia di arrivare. Ora ha questo infortunio, che però non gli cambierà una carriera rosea davanti a sé”.
Anche Colpani?
“E’ un ragazzo di talento, gli ho sempre detto che deve mettere un po’ di cattiveria. Era sempre al mio fianco anche in altri sport che facevamo fuori dal campo e glielo dicevo, ha qualità incredibili”.
E Di Gregorio?
“Lo chiamo ‘il fenomeno’. Non c’è niente da dire. E’ uno dei più forti a livello internazionale già oggi. Lo ha dimostrato l’anno scorso vincendo il premio come miglior portiere, un ragazzo che poi ha un’umiltà incredibile. Non devo essere io a parlare, è il campo che parla ogni volta”.
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