ESCLUSIVA TC - DIEGO LOPEZ: "Cagliari in netta ripresa. E presto i tempi saranno maturi per uno sgambetto a una big, magari in casa. Determinante l'innesto di Viola. Io alleno in Ecuador, dove ho scoperto un football in grande crescita"

ESCLUSIVA TC - DIEGO LOPEZ: "Cagliari in netta ripresa. E presto i tempi saranno maturi per uno sgambetto a una big, magari in casa. Determinante l'innesto di Viola. Io alleno in Ecuador, dove ho scoperto un football in grande crescita"TUTTOmercatoWEB.com
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giovedì 16 novembre 2023, 11:00Primo piano
di Matteo Bordiga

Al Cagliari ha consacrato gran parte della sua carriera calcistica. È arrivato nel 1998, da illustre sconosciuto, con il sogno di conquistarsi la ribalta più ambita del mondo: quella serie A che, all’epoca, era l’eldorado per qualsiasi calciatore, la chimera proibita di ogni giovane desideroso di assurgere alla gloria internazionale. Si è tuffato nel campionato più affascinante e più competitivo del globo, vestendo i colori di una squadra e di una città che gli ricordavano tanto il suo amato Uruguay, così umile, così semplice e così fiero.

È ripartito, ormai ex giocatore, uomo navigato e allenatore in erba con tante idee e tanta esperienza, nel 2014, per proseguire la sua nuova carriera in panchina in quel di Bologna. Ma il richiamo fatale della Sardegna, sua seconda casa, ci ha messo ben poco a convincerlo a tornare a Cagliari, sempre da mister, nel 2017. Dopo un impatto tutt’altro che morbido, Diego Luis Lopez - per tutti “El Jefe”, il capo - ha infine condotto la compagine rossoblù a una salvezza tribolatissima e, per questo, ancora più liberatoria.

Oggi vive un’avventura intrigante alla guida del Barcelona Sporting Club, la più titolata formazione ecuadoriana, munifica fucina di talenti per la Nazionale maggiore: la “Banana Meccanica” gialla, rossa e blu.

Diego, dall’Ecuador continua a seguire le vicende del Cagliari? Che impressione si è fatto sulla prima parte di campionato condotta dagli uomini di Ranieri?

“Certo che seguo il Cagliari ogni volta che posso. Spesso qui vengono trasmesse le partite della serie A, dunque sono piuttosto aggiornato. L’avvio difficile dei rossoblù va attribuito al calendario che la squadra ha avuto nelle prime sette-otto giornate: veramente impegnativo e durissimo. Ma poi i sardi si sono nettamente ripresi. Ho visto l’ultima gara con la Juventus: è arrivata una sconfitta, ma dopo un’ottima prestazione. Un conto è perdere di schianto, facendo una figuraccia; altra cosa è non raccogliere punti contro una big al termine di un match affrontato con dignità, dimostrando di essere chiaramente sulla strada giusta. Questo è un buon viatico in vista delle prossime partite che attendono Lapadula e compagni.”

Una “tara” dei rossoblù ormai cristallizzatasi negli anni è quella di non riuscire mai a strappare un risultato positivo contro un top team. Mentre, a turno, tutte le altre “piccole” ogni tanto compiono un’impresa con le milanesi, la Juventus, le romane o il Napoli, il Cagliari continua ad annaspare quando affronta le prime quattro-cinque squadre della classifica. Come si spiega questa tendenza? Questione di mentalità? C’è un complesso di inferiorità atavico radicato nel gruppo? Oppure è semplice casualità?

“Io dico che, soprattutto in casa, il Cagliari ha tutte le carte in regola per fare lo sgambetto a una ‘grande’. Vedendo come la squadra si è comportata a Torino contro la Juventus, e cavalcando l’onda lunga degli ultimi progressi, a mio avviso c’è da essere fiduciosi: tutti ci auguriamo che presto si possa fare l’impresa anche contro una big, portando via tre punti di prestigio.”

Col rientro dei numerosi infortunati rimasti ai box a inizio stagione e con l’esplosione di alcuni uomini chiave, uno su tutti Viola, il Cagliari ha iniziato a proporre un calcio più aggressivo e convincente. Il baricentro della squadra si è alzato e la manovra risulta più fluida e incisiva. In certi momenti si è rivisto perfino il pressing alto nella metà campo avversaria. Merito degli accorgimenti tattici di Ranieri o potere della ritrovata serenità e forza mentale?

“Ha detto bene: io credo che sia stato determinante l’inserimento di Nicolas Viola. Lui è un elemento di grande valore. Lo conosco da tempo: ha fatto a lungo la serie B, ma con la qualità che ha nei piedi ora sta trovando meritatamente spazio anche in serie A. A Salerno ha giocato benissimo, al netto di quel rigore sfortunato che ha provocato col fallo di mano. Non si limita a dare creatività e fantasia alla squadra, ma garantisce anche tanta intensità e, in più, è un giocatore mentalmente molto veloce: pensa ed esegue in fretta. Vede la giocata prima degli altri. Inoltre ha una notevole esperienza alle spalle. Sono convinto che potrà dare un contributo importantissimo al Cagliari nel corso del campionato.”

Diego, ci racconti un po’ della sua nuova avventura al Barcelona, in Ecuador. Come si sta trovando? Che ambizioni coltiva la sua squadra?

“Il campionato sta per terminare: mancano solo due partite e noi ci troviamo al secondo posto, a quattro punti dalla capolista. Il nostro destino, dunque, non dipende più solo da noi. Ultimamente abbiamo disputato delle buone gare, soprattutto il derby contro l’Emelec (entrambe sono formazioni della città di Guayaquil, ndR), ma non abbiamo raccolto quanto meritavamo. Tuttavia il rendimento dei ragazzi nell’arco di questa stagione mi lascia soddisfatto: non è facile guidare una squadra come il Barcelona che, in Ecuador, è condannata a vincere sempre.

Dopo la chiusura del campionato attualmente in corso avremo pochissimo tempo per ricaricare le pile: già a gennaio partirà la nuova annata. Vedremo come proseguirà il nostro percorso.”

Che calcio ha trovato da quelle parti? Forte della sua lunghissima esperienza maturata in Europa, si sarà fatto certamente un’idea chiara sul livello del football ecuadoriano…

“Si gioca un calcio molto fisico e muscolare. La cosa che balza maggiormente all’occhio è proprio la struttura fisica di questi ragazzi: da questo punto di vista credo siano i più forti e potenti di tutto il Sudamerica. È impressionante vedere come vengono su giovani di appena sedici-diciassette anni: già aitanti e imponenti. Tecnicamente sono bravi. A mio parere devono migliorare un po’ sotto l’aspetto della concentrazione. A livello di Nazionale lo stanno già facendo, e con buoni risultati. Insomma, il calcio ecuadoriano può crescere molto.”