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ESCLUSIVA TC - DANIELE GOLETTI: "Io, cagliaritano e sardo acquisito. Arrivai nell'Isola da bambino: sono ripartito da uomo. Come terzo e secondo portiere feci una quarantina di presenze in sei anni. Al Cagliari di oggi serve un mediano di qualità"

ESCLUSIVA TC - DANIELE GOLETTI: "Io, cagliaritano e sardo acquisito. Arrivai nell'Isola da bambino: sono ripartito da uomo. Come terzo e secondo portiere feci una quarantina di presenze in sei anni. Al Cagliari di oggi serve un mediano di qualità"TUTTOmercatoWEB.com
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martedì 23 luglio 2024, 15:59Primo piano
di Matteo Bordiga

In Sardegna dal 1973 al 1985: praticamente un sardo acquisito. Quando parla dell’Isola Daniele Goletti, estremo difensore del Cagliari tra il 1979 e il 1985, si illumina. E ripensa a quegli anni ruggenti, vissuti abbracciato dal calore di “un popolo che mi è entrato nel cuore. Quanti incontri, quante risate, quante amicizie strette…”.

Portiere originario di Viterbo, in maglia rossoblù ha totalizzato complessivamente 40 presenze, con una media-gol subiti a dir poco sorprendente e lusinghiera: appena 24 reti, praticamente una ogni due partite.

Daniele, ci racconti quando e come è iniziata la sua avventura in Sardegna.

“Il mio primo impatto con l’Isola risale al 1973. Fui opzionato per una settimana di prova. Ricordo che stavo, in foresteria, nella stanza di Greatti: c’era ancora tutto il suo abbigliamento. Erano gli anni post-scudetto, e a Cagliari militavano giocatori di grande prestigio. Poi nel 1974 mi stabilii definitivamente in città: feci tre stagioni nel settore giovanile e due annate al Quartu Sant’Elena. Posso quindi dire di aver vissuto alcuni tra i miei anni migliori a Cagliari: conobbi tanti amici, frequentavo famiglie cagliaritane. Quello con la Sardegna per me non era un semplice rapporto tra un calciatore e una squadra di calcio: c’era molto di più.

Nel 1979 entrai in prima squadra, e feci il mio primo ritiro a San Marcello Pistoiese come terzo portiere del Cagliari. Ci apprestavamo a disputare, da neopromossa, il campionato di serie A. Come colleghi avevo Roberto Corti, grande amico e grande portiere, ed Enzo Bravi. L’anno dopo - stagione 1980 -’81 - ero il secondo di Roberto Corti, e debuttai in serie A a 23 anni in Pistoiese-Cagliari, ultima giornata di campionato. Mister Tiddia mi fece entrare nel secondo tempo.”

E che ricordo ha di quegli emozionanti quarantacinque minuti?

“Gli esordi sono sempre estremamente tesi e difficili da gestire. Quando il mister ti chiama e ti dice ‘tocca a te’ non dico che ti crolla il mondo addosso, ma la testa si riempie di mille pensieri. Anche pensieri belli, eh. Io poi ero considerato come uno del vivaio, perché avevo fatto tutta la trafila nelle giovanili. E a 23 anni all’epoca un portiere era considerato giovane: oggi a 18 anni esordiscono tranquillamente in serie A. Tra l’altro davanti a me avevo signori portieri: Roberto Corti, Nello Malizia, Roberto Sorrentino e tanti altri.”

Però il suo spazio, nei sei anni in forza al Cagliari, è sempre riuscito a ritagliarselo. Ogni volta che veniva chiamato in causa si faceva trovare pronto.

“Diciamo che ero un buon secondo. Partii come titolare nella stagione 1982-’83: Nello Malizia, che veniva dal Perugia e da campionati di altissimo livello, si presentò al ritiro in leggero sovrappeso. Per cui il tecnico lo mise fuori rosa, e io giocai le prime quattro partite in serie A: in casa con la Roma, a Udine, al Sant’Elia con l’Inter e ad Avellino. In Campania presi un brutto colpo in testa da Salvatore Di Somma: rimediai un trauma cranico e rimasi fermo per due settimane. Così la società reintegrò Malizia, quindi quanto rientrai tornai a sedermi in panchina, nonostante un buon rendimento nelle gare che avevo disputato da titolare. Ma del resto, all’epoca, per un portiere considerato giovane il destino era quello…”

Daniele, il suo rapporto personale con la Sardegna e con i sardi.

“Con la Sardegna, e soprattutto con Cagliari, ho un rapporto stupendo. Considero l’Isola come la mia terra adottiva. Fino al 2000 ho avuto una casa a Torre delle Stelle, poi siccome ci andavo davvero pochissimo sono stato costretto a venderla. In questi anni scendo in Sardegna piuttosto sporadicamente, perché qui a Viterbo sono presissimo dai miei nipotini. Quando ci sarà la possibilità, però, una delle mie priorità è quella di tornare a Cagliari e passarvi un po’ di tempo. A Cagliari ho fatto gli studi e mi sono diplomato; inoltre il mio figlio più grande è nato proprio lì. Di fatto ero un cagliaritano.”

Segue sempre la formazione rossoblù? Dove può arrivare, a suo avviso, il nuovo Cagliari di Davide Nicola?

“Secondo me il tecnico piemontese è una garanzia. È un combattente, uno di quelli che masticano calcio. Purtroppo se non hai campioni in rosa fai molta fatica. Quella sarda è una buona, diciamo pure un’ottima squadra. Ma per alzare un po’ l’asticella e condurre campionati più tranquilli occorrerebbe prendere qualche elemento di maggiore spessore. Soprattutto a centrocampo, a mio avviso: servirebbe almeno un giocatore dai piedi buoni in grado di dare del tu al pallone e di legare il gioco. In attacco bene o male si riesce sempre a trovare qualcuno che la butti dentro. In difesa speriamo che Mina alla fine decida di rimanere: sarebbe un bel colpo. Il reparto che ha più bisogno di rinforzi resta il centrocampo: una mediana di quantità, come è quella attuale del Cagliari, è adatta più a un torneo di medio-bassa classifica o a un campionato di serie B. Se uno vuole ambire a qualcosa in più è imprescindibile aggiungere, anche con un grosso sforzo economico, qualità e fosforo nella zona nevralgica del campo.”