ESCLUSIVA TC - GIOVANNI ROCCOTELLI: "Nel '77 mi feci male in uno scontro fortuito col mister Toneatto e dovetti rinunciare al finale di stagione. Con Riva eravamo grandi amici. Il Cagliari attuale? Il livello è identico a quello dell'anno scorso"
Giovanni Roccotelli ha vissuto una sola stagione in maglia rossoblù (campionato 1976-’77), ma gli è bastata per innamorarsi della Sardegna e per instaurare un rapporto viscerale con l’Isola.
Ala destra estrosa e funambolica, fu in assoluto il primo calciatore a eseguire una cosiddetta “rabona”: un gesto tecnico spontaneo e istintivo, poi sdoganato da tanti campioni negli anni Duemila, che all’epoca prese il nome molto meno esotico di “incrociata”.
Giovanni, cosa ricorda del suo approdo a Cagliari nel 1976 e della stagione che disputò in serie B coi quattro mori sul petto e con mister Toneatto in panchina?
“Non appena dal Torino arrivai al Cagliari il primo che incontrai negli spogliatoi fu proprio Gigi Riva, il quale poi – per inciso – sarebbe diventato il mio testimone di nozze. Quando lo vidi per la prima volta mi emozionai moltissimo.
Disputai un buon campionato con la maglia rossoblù, ma mi feci male verso la fine della stagione in seguito a uno scontro fortuito – pensa un po’ che combinazione – proprio con il tecnico Toneatto in allenamento. Mi infortunai ai legamenti del ginocchio. Così saltai le ultime partite: al momento del mio infortunio eravamo primi in classifica assieme al Vicenza. Quell’anno ci fu il famigerato ‘caso dell’arancia’, che ci costò i due punti conquistati sul campo col Lecce. Disputammo gli spareggi per la promozione e, sfortunatamente, li perdemmo. Tra l’altro ricordo bene che Toneatto, subito dopo la gara di spareggio giocata a Genova contro l’Atalanta, mi confessò che la mia assenza in campo si era sentita e non poco. ‘Mi sei mancato’, mi disse testualmente. Io gli risposi: ‘Mister, ma è stato proprio lei a farmi male…’.
L’anno dopo, contro la mia volontà, fui mandato ad Ascoli. All’epoca contavano i presidenti, che erano i proprietari dei cartellini dei calciatori. Decidevano loro dove dovevi andare a giocare. Così tornai a Cagliari, da avversario, con la maglia bianconera dei marchigiani. Vincemmo 2-1 al Sant’Elia con due gol di Gianfranco Bellotto, destinato in futuro a diventare proprio tecnico del Cagliari. Lasciare la Sardegna fu un grosso dispiacere, ma tutto sommato – col senno di poi – ho fatto una bella carriera, militando per vent’anni tra i professionisti e vincendo parecchi campionati in varie categorie.”
Per poi tornare a vivere proprio nell’Isola che aveva tanto amato.
“Sposai una ragazza di Monserrato, che è tuttora mia moglie. Riva e Pino Bellini mi fecero da testimoni. Con Gigi eravamo molto amici e ci frequentavamo tanto in quel periodo. Aveva provato a iniziare il ritiro con noi nel 1976, ma dopo un paio di giorni aveva dovuto mollare: non ce la faceva più. Tutti gli infortuni che aveva subito lo avevano fisicamente provato.”
Immagino che segua ancora il Cagliari. Che opinione ha della squadra attuale?
“Il Cagliari ha acquistato alcuni buoni giocatori, ma francamente il livello mi pare identico a quello della squadra dello scorso anno. Piccoli ha sostituito Oristanio, mentre Luperto ha preso il posto di Dossena: un centrale difensivo che a me piaceva molto. Però Nicola è un grande motivatore, quindi spero possa salvare i rossoblù con una certa tranquillità. C’è da dire che nell’ultima sessione di calciomercato si sono rinforzati un po’ tutti, quindi quest’anno sarà dura mantenere la categoria. Sarà fondamentale partire bene: un avvio a handicap come quello dell’ultimo campionato potrebbe causare non pochi problemi. Tra l’altro l’anno scorso sono andato a trovare Claudio Ranieri ad Asseminello: mi ha detto che stava cercando di stimolare il più possibile la squadra, e che comunque la sua intenzione era quella di lasciare il Cagliari a fine stagione. Quindi aveva già preso la sua decisione.”